sabato 17 giugno 2017
Quella torre arsa da fiamme giganti che le televisioni di tutto il mondo ci hanno fatto vedere questi giorni mi hanno ricordato un altro incendio, certamente da non paragonarsi a questo, ma definitivo per la storia della mia famiglia. La casa dei miei nonni era nata in una piazza del paese di Borgo Valsugana per iniziativa di un nonno che non avevo mai conosciuto. Costruita con la intenzione che durasse in eterno, godeva di solide mura e pavimenti di noce pesante. Nei primi anni del '900, nonno Romano percorreva con la sua carrozza a cavalli i paesi d'Europa, nell'impero di Francesco Giuseppe, per acquistare e poi vendere farine e oggetti di necessità al suo paese. Una foto antica me lo ha fatto immaginare un uomo alto dai capelli chiari che aveva sposato una ragazza della valle con una lunga treccia nera: mia nonna Ida. La ricordo quando ricamava vicino alla finestra per avere più luce, mentre mi raccontava al posto delle favole, i viaggi avventurosi di questo nonno sconosciuto che aveva affrontato strade, valli e paesi lontani, portando nella borsa di pelle i denari sufficienti per il suo commercio assieme a una grande pistola che ancora veniva conservata in un cassetto della sua stanza. Seduta su di un piccolo sgabello di legno chiaro, non mi stancavo mai di ascoltare queste avventure che forse la nonna fioriva un po' con la sua fantasia. Ricordo poi un grande terrazzo che sembrava lanciarsi nel giardino dove gli alberi da frutta regalavano fiori colorati e poi rosse mele, pere gialle, lamponi di un rosa scuro e grappoli d'uva dagli acini di un verde trasparente. E così immaginavo fosse il paradiso. La guerra si portò via la mia nonna e i miei sogni e un giorno, mentre gli eserciti sconfitti lasciavano il paese e la grande casa era chiusa e solitaria, un traditore chiese al nemico prima di partire di mettere dentro il portone un camion di dinamite. Uno spaventoso fragore fece tremare la piazza e la casa dei miei nonni volò in aria per cadere in mille prezzi. Il fuoco alzò le sue fiamme per giorni e giorni, affinché nessuno potesse avvicinarsi. Niente venne salvato. A questo pensavo ieri mentre guardavo bruciare con feroce velocità quel palazzo di Londra dove il fuoco avvolgeva un piano all'altro in un abbraccio di dolore e di morte. Il terrore, l'angoscia, la paura e il dolore di chi è rimasto prigioniero di quelle pareti non ha misura né parole per essere descritto. Per chi si è salvato non sarà facile comprendere le ragioni di coloro che non hanno saputo dare sufficiente sicurezza a una tale costruzione. Solo la pietosa carezza del tempo darà pace a chi è rimasto.
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