mercoledì 6 gennaio 2021
L'ingegner Mario Cavenaghi, inflessibile e stimato presidente dei probiviri del Pci milanese, nel 1989 ha lasciato la politica disgustato dalla piega che stava prendendo, e si è trasferito a Lugano, con l'amatissima moglie Carla e i due figli. Il telegiornale svizzero è il suo tranquillante. Ai primi del 1993 viene a trovarlo il compagno e amico Cecco Fani, con una missione dirompente. Subito dopo l'improvvisa morte di Vincenzo Tintore, vicepresidente dei probiviri, che deteneva le chiavi della cassaforte segreta con i fondi di emergenza del partito, sono spariti due dei sei miliardi che conteneva. Per capire chi è stato e come, occorre un'indagine riservatissima e chi meglio di Cavenaghi, al di sopra di ogni sospetto, potrebbe condurla? L'ingegnere si lascia convincere a rendere questo estremo servizio all'ex-partito: due settimane di tempo, la moglie non permette di più. Comincia così il romanzo di Lodovico Festa, Addio Milano bella (Guerini e Associati, pp.288, euro 18), che completa il trittico delle inchieste dell'ingegner Cavenaghi, dopo "La provvidenza rossa" (2016) e "La confusione morale" (2019). Come copertura della riservatissima indagine, l'ingegnere viene incaricato dal segretario regionale di svolgere una ricerca sullo stato d'animo degli ex-comunisti, ora pidiessini, che consentirà di interrogare personaggi vecchi e nuovi del partito, ferito dall'attivismo della magistratura milanese. L'espediente narrativo è geniale perché Festa può così attribuire a un ricco ventaglio di interlocutori le sue idee e i suoi dubbi. Fra le osservazioni più interessanti ci sono quelle del giovane Sergi, laureando in storia, sullo spaesamento della sua generazione, incapace di trovare nessi col passato: «L'aver affidato la liquidazione della prima Repubblica alla macelleria giudiziaria tende a rimuovere quarant'anni della vita della nostra nazione. Ma veramente possono pensare di educare qualcuno ricostruendo in questo modo la storia della Repubblica?». Quanto ai comunisti, «si ritiene di poter sostituire Togliatti con Clinton senza alcuna vera analisi retrospettiva, sperando così di passare la nottata. Ma tutto ciò lascia dietro di sé solo macerie». Questo è solo un esempio di quello che si può trovare nel romanzo, che è una festa dell'intelligenza, a conferma che la letteratura ne sa più dei libri di storia. Alcuni personaggi, tutti accuratamente descritti anche somaticamente, sono riconoscibili: il prof. Ruggero Gironi è Giorgio Rumi; Claudia Flavia Gresti è Giulia Maria Crespi, decisa a «lottare per l'ambiente e la bellezza»; la Fiat degli Agnelli è La Ciat dei Capretti, eccetera. Accompagnare l'ingegner Cavenaghi che si sposta in tram o in metropolitana, è un viaggio nella toponomastica milanese. Ma la valutazione politica è netta: se il partito comunista si è disintegrato, anche la democrazia ci è andata di mezzo. Cavenaghi aveva previsto che aver demandato il ritorno alla legalità «a una magistratura che manifestava disprezzo per le istituzioni elettive, avrebbe portato disordine nella Repubblica». La missione dell'ingegnere termina con un colpo di scena: naturalmente, non lo riveliamo.
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