sabato 18 gennaio 2020
Ieri qui (p. 1) l'editoriale del sociologo Maurizio Ambrosini: «Più fede e fedi in quest'Italia». Nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani si ripete quel «Siano tutti una cosa sola» dell'unico Signore e Salvatore. Fede e fedi: che «in questa Italia» di oggi ci siano «più fedi» è un fatto, ma quel «più fede», al singolare, dice di più ed esprime l'atteggiamento fondamentale, testa e cuore insieme, per una “realtà” essenziale alla vita intera. Di fatto nel corso dei secoli ciò è stato soprattutto nell'ambito religioso, ove dice un atteggiamento assoluto, ragione e sentimenti, nei confronti di una realtà detta divina che come tale non potrebbe essere che una. Dio, se esiste, non può che essere uno. Ciò non significa che noi uomini abbiamo sempre chiamato e chiamiamo lo stesso Dio e con lo stesso nome, ma vuol dire che se pensiamo a più realtà che diciamo divine in senso proprio, allora nessuna di esse è Dio. È un discorso di pura ragione, che Tommaso d'Aquino nell'ambito dello sforzo della filosofia esprime in questo modo: «L'Essere puro non può che essere unico. Se ce ne fosse un altro infatti dovrebbe in qualcosa diversificarsi, ma se c'è qualcosa di diverso allora non sarebbe più essere puro, ma un'altra realtà». Ecco allora religioni e fedi diverse, che nel tentativo di conoscere la realtà hanno prodotto anche i “miti”, e in quello di superare gli eventi contrari alla nostra limitata potenza, hanno prodotto i “riti”, con i quali gli uomini hanno tentato di dominare gli eventi, fossero essi naturali o provocati da altri uomini in uno scontro tra loro. Di qui “più fedi” nei secoli, con miti e riti, loro forza e debolezza insieme. Perché la scienza cancella i miti, la tecnica supera i riti. Ecco allora quel singolare: «Più fede»! Nella fede ebraico-cristiana non si hanno “miti” che spieghino la natura, e neppure riti che la pieghino alla volontà degli uomini... Un fatto.
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