Mi succede, nell'irriconoscibile Milano semideserta del Covid, di credere di vedere figure che non ci sono. In piazza della Scala vuota, in una sera d'inverno, ecco le folle di sessantottini che gridano e lanciano uova contro le signore in visone della prima, a Sant'Ambrogio. Rivedo quei ragazzi, così forti ai miei occhi di bambina, le loro barbe incolte da Ulisse, e il fumo del fiato, nel gelo della notte di dicembre. Via, mi dico, sciocca, sono solo fantasmi – e vado oltre. Ma in piazza della Repubblica, dove una volta nell'unico grattacielo c'era il Consolato americano, di nuovo incontro la folla di ragazzi arrabbiati, il pugno levato a maledire la guerra in Vietnam; e i celerini, ragazzi del Sud, in assetto anti-sommossa, i volti celati sotto al casco. Fantasmi, mi ripeto scuotendo la testa, nel vapore di una nebbia che li ingoia. Ma ciò che mi fa male è pensare quei ragazzi, ora: settantenni, in fila per un vaccino che li protegga dal destino di molti coetanei. Avranno i capelli bianchi adesso, avranno le rughe su quei visi da Ulisse. Loro che spaventavano Milano, loro tonanti negli slogan scanditi nelle strade, in coda, oggi, mendicanti il vaccino. Forse per questo nelle sere silenziose li rivedo, onda di mareggiata, rivolta e utopia: nella nebbia, giovani e belli ancora. Così certi, di avere la vita fra le mani.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: