giovedì 12 gennaio 2017
Che il web, in particolare alcune forme di relazioni intersoggettive che la Rete rende possibili (social network in testa), stiano cambiando la quotidianità della vita, è sensazione diffusa. Meno avvertite, invece, alcune conseguenze derivanti dall'utilizzazione ormai facile e disinvolta di questi strumenti.
Di una di queste si è occupata la Cassazione francese in una decisione di alcuni giorni fa sulla rilevanza giuridica dell'"amicizia" sui social network. Il caso nasceva da una ricusazione intentata da un avvocato parigino nei confronti di alcuni componenti del Consiglio di disciplina, "amici" in un social network sia con il titolare dell'iniziativa disciplinare sia con la parte offesa (la decisione non precisa se si trattasse di Facebook, LinkedIn, o altro). La Corte d'appello di Parigi aveva respinto l'istanza, escludendo che l'essere "amico" in un social comportasse, nel caso di specie, una relazione di amicizia in senso tradizionale, tale da mettere in dubbio l'imparzialità dei componenti del Consiglio di disciplina, essendo la rete sociale "semplicemente un mezzo di comunicazione specifica tra persone che condividono gli stessi centri di interesse, e nel caso di specie la stessa professione".
La Cassazione invece non ha preso posizione in via di principio, limitandosi a dare atto che la Corte d'appello aveva fatto corretto esercizio del proprio potere di apprezzamento della pertinenza delle cause di ricusazione invocate.
Secondo Bruno Dondero, professore di diritto commerciale alla Sorbona, il problema tuttavia esiste, in quanto per le persone chiamate a giudicare in posizione di imparzialità, questa deve essere non solo reale, ma anche apparire tale, per cui per esse sarebbe meglio non accettare "amicizie" con persone che potenzialmente potrebbero dovere poi giudicare.
In Italia, a differenza che in Belgio o negli Usa, sembra che controversie simili non si siano ancora poste (salvo che presso il giudice amministrativo, in fattispecie concernenti rapporti di amicizia via Facebook tra commissari di concorso e candidati da valutare da parte dei medesimi). Le norme in tema di incompatibilità, astensione e ricusazione dei magistrati (cui rinviano analoghe norme di ordinamenti di settore) contengono, però, la clausola generale delle "gravi ragioni di convenienza" (ipotesi di astensione facoltativa per il giudice civile e obbligatoria per quello penale), che in astratto potrebbero includere anche forme di "amicizia" social.
Tali "amicizie" (Bauman lo ricordava spesso) sono fragili e facili da spezzare: non è certo tuttavia che siano irrilevanti. Occorre esserne consapevoli. Non sempre chi trova un "amico", trova un tesoro.
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