Non era impazzito, Don Backy, quando scrisse Faccia da marciapiede. Ce l'abbiamo tutti, quella faccia lì: è la faccia della gente normale, che nel cuore ha più di quanto si possa intuire al primo sguardo. «Io amo i fiori, i loro colori», canta Don Backy. «Quando torno a casa la sera, li annaffio e domando loro di sbocciare per me… Potrei impazzire, per una rosa». In quanti facciamo questi pensieri, stanchi al rientro dal lavoro? Eppure intorno a noi… «C'è chi mi dice: tempo sprecato! Potresti frequentare i night! Gente così, ti giudica per quello che fai, magari dalla faccia che hai, di quel che hai dentro non sa e di saperlo non gli va… Quel che sei dentro, per alcuni non c'è…». Invece è la faccenda più importante di ognuno, l'affastellarsi di ricordi gioie struggimenti dolori melanconie bisogno d'amore che nascondiamo dentro. «Sono un uomo», riprende Don Backy. «Posso aver sbagliato qualcosa, ma sono un buono… Non ho chiesto io di avere questa faccia, cosa volete da me? Ad esempio questa sera che scrivo questa cosa qua, ho in testa un gabbiano che va…». Un gabbiano in testa? Eh già: ma anche qui, Don Backy non era impazzito. Provate a guardarvi allo specchio, quando vi sentite pienamente voi stessi: lo vedrete anche voi, un paio, di ali tese che volano nel cielo dell'anima.
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