Rischi incoscienti. Ieri tra molti commenti sul "matrimonio" celebrato in aereo da Papa Francesco spicca quello di P. F. De Robertis, "Oltre il peccato" ("La Nazione", p. 9), ove leggi questa strana riflessione: «Il Papa che non perde il vizio di fare il parroco se ne infischia degli usi raccomandati dalla Chiesa... corsi di preparazione, verifica delle reali volontà degli sposi e confessione» e «celebra un inedito matrimonio ad alta quota». Che dire? A parte il fatto che "fare il parroco" non è un vizio, l'unica cosa azzeccata è "l'alta quota". Quegli sposi nel 2010 erano alla vigilia delle nozze e i corsi di preparazione erano passati, «la verifica delle reali volontà» c'è stata sul posto e «la confessione» non c'entra niente: il matrimonio è un sacramento a sé!
Non basta: proprio sul matrimonio il capitombolo è immediato. Leggi infatti che il Papa ha voluto dire che «un sacramento, e in particolare quello del matrimonio, passa sempre avanti ad ogni cosa», ma poi segue la capriola: «è evidente: un gesto come quello di ieri sminuisce in qualche modo il cammino di chi si dispone ai sacramenti con coscienza... e finisce per svalutare il sacramento stesso». Questo, quindi, prima viene dato come così importante che «passa sempre avanti ad ogni cosa» e poi viene "svalutato".
Che dire? Un paio di cose. La prima chiede come l'autore del commento conosca la coscienza dei due sposi e la seconda che il capitombolo, la contorsione, segnala che deve mettersi d'accordo con se stesso per "sciogliere i nodi" che lo impiccano con un solo filo, non di ragione lucida, che poi alla fine si stringe così, alla lettera: «Ma questo è Francesco. Prendere o lasciare»! Noi lo prendiamo, e ricordando una canzone di anni lontani viene spontaneo dire: «E ci dispiace per gli altri!»
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: