È un Totti post-hollywoodiano, quello che si offre a torso nudo alle telecamere, fingendo solare indifferenza, nell'immediato show dopopartita che l'ha visto protagonista di una vittoria insperata e preziosa della sua Roma in un pomeriggio buio e tempestoso. «Ho portato il sole», ha detto, citando involontariamente Orazio; («Per tutto il cielo è un volo di bandiere...», chiosò il suo traduttore, Silvestri, come se fosse all'Olimpico festoso, in Curva Sud). Hollywood e Cinecittà: Charlton Heston in Ben Hur o Kirk Douglas in Spartacus. L'anagrafe - pur di diverso peso fra attore e pedattore - e il torace gladiatorio quasi accomunano Totti 40 a Kirk 100. Ma è un accostamento improprio. A raccontare gloria e baldoria di Francesco ci vorrebbero Garinei & Giovannini che per trent'anni hanno portato in scena caratteri romaneschi affidandoli a Sordi, Manfredi, Fabrizi, Salerno, Mastroianni, Panelli, Proietti, come dire i Sette Re di Roma (e dintorni). L'ottavo, indiscutibilmente Falcao, con caduta per viltà davanti al Liverpool; il nono, Totti, calciatore di gran talento, goleador storico, al tempo stesso attor spontaneo e versatile, leggendario in vita, autore di se medesimo alla faccia di chi vorrebbe imporgli un copione da interpretare. Ci ha provato - dopo tanti e spesso illustri predecessori - Luciano Spalletti: incoraggiato dall'esito positivo della campagna di Russia, si è ri-presentato a Trigoria con le tavole della legge incise su pietra e la volontà (già di moda altrove) di rottamare l'anziano ex-Pupone a sua volta rottamatore di Luis Enrique e Rudi Garcia. Il regolamento (questo sconosciuto) parve dargli ragione e Francesco, immusonito e offeso, fu dai più - ma non dal popolo - giudicato degno della pensione. Mai contrasto fu più felice: l'allenatore di Certaldo, furbo da novella boccaccesca, pensò di affondarlo mandandolo in campo con anni e acciacchi da riservista, per manciate di minuti; lui, Francesco, seppe trasformarli in scampoli di leggenda pedatoria, segnando gol impossibili, riportando la sua Roma in Europa, la stessa subito perduta ai preliminari di Champions senza che gli venisse chiesto un altro miracolo. Come domenica, contro la Samp di Viperetta, altro romano in commedia, altro “character” da Garinei & Giovannini (autori fra l'altro - lo dico in breve - diuna commedia musicale dedicata a un calciatore svedese famoso in Roma sessant'anni fa, Arne Selmonsson, protagonista di un ricco quanto tumultuoso trasferimento dalla Lazio alla Roma; La padrona di Raggio di Luna, il titolo della commedia ispirata all'insolito lascito testamentario di un indimenticato protagonista del calcio d'antan, Raimondo Lanza di Trabia, principe e presidente del Palermo, inventore del calciomercato: chiudendo la sua tormentata vita terrena, lasciò in eredità alla moglie, l'attrice Olga Villi, un pedatore di scarso valore; lo cantò Modugno nell'Uomo in Frac). Dove c'è Totti c'è storia. Oggi Spalletti è costretto a narrarne le virtù. A trarre frutto dal permanente e malcelato contrasto. Oggi il popolo giallorosso spera ancora di poterlo esibire contro la Juve come quando, battutala, le dedicò uno storico sberleffo: era l'8 febbraio del 2004, Roma-Juve 4-0, gol di Dacourt, Totti, doppietta di Cassano e le quattro dita di Francesco in faccia a Tudor come fossero trombetta. Ma questa è proprio un'altra storia.
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