Ieri mattina ho deciso di regalarmi un caffè al bar. A un certo punto vicino a me è sfrecciato un cucciolo di cane che si è infilato in mezzo alla strada, molto trafficata. Sono scattato in piedi correndo in mezzo alla carreggiata col le braccia distese, intimando a chiunque di fermarsi. Il cucciolo, terrorizzato, era scappato dal guinzaglio del padrone, che affannosamente è arrivato, molto spaventato. C'è sempre qualcuno che avverte un pericolo che riguarda qualcun altro, e senza nessun interesse personale ci mette la faccia, il corpo, la mente. Stavolta è toccato a me.
Penso a quanto di sano ci possa essere nel fare qualcosa per gli altri senza ricevere niente in cambio. Penso ai medici che salvano persone senza conoscerle, a chi fa ricerca contro una malattia, ai volontari sulle ambulanze. La lista sarebbe lunghissima, per fortuna. Pensateci un attimo: fare qualcosa con la sola idea di ricevere qualcosa sarebbe pura schiavitù mentale. Vuoi mettere la soddisfazione di essere stato utile? C'ero solo io vicino a quel cucciolo in quel momento, sarebbe finito sotto la macchina. Ma si può sempre aiutare qualcuno? Dipende. Credo conti la modalità che si sceglie. Vedere un amico o un familiare in difficoltà fa star male e, soprattutto, fa scattare in noi il bisogno di aiutarlo. Ma può capitare che la persona in questione non voglia ricevere aiuto, o che noi stessi non sappiamo da dove cominciare a mostrare il nostro supporto.
C'è un manuale, o un metodo? No, non esiste. Però qualche ingrediente forse lo conosco: una bella cucchiaiata di ascolto praticato con attenzione, vicino e lontano dai pasti, senza distrazioni o giudizi; una spruzzata di domande semplici, andando a capire come potremmo essere d'aiuto. E magari una buona dose di "presenti, ma non pressanti". A volte basta un messaggio a creare empatia, vicinanza, calore. Tutte energie positive che peraltro ci tornano indietro, annaffiando la nostra autostima.
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