Proprio come ai tempi dei nostri emigranti di una volta. Molti non sanno dove si trovano e come diavolo sono potuti arrivare a Niamey. Camion, taxi, bus, moto, col vento oppure nascosti dalla polvere e altri improbabili mezzi di trasporto per giungere dove non si sa. Molti dei migranti residenti di passaggio non corrispondono a nessun profilo stabilito dalle norme internazionali delle migrazioni. Dal patto globale di Marrakesh del 2018 poi votato da 152 Paesi alle Nazioni Uniti pochi giorni dopo, si vorrebbe una migrazione sicura, ordina e regolare. Calcolabile, programmabile e soprattutto regolare e cioè controllabile. Nulla di tutto ciò per molti migranti per i quali c’è il sentito dire, l’esempio e le foto di amici che fingono di spassarsela in un altro mondo e che li invitano ad imitarli per un effimero eldorado. Alla base c’è un disagio, un malcontento, un desiderio di nuovi mondi più appetibili o semplicemente l’anelito alla trasformazione della vita così come si presenta. Dunque si parte, spesso senza sapere come e dove per un altrove che faccia traversare le “Colonne d’Ercole” della monotona e quotidiana sparizione voluta dal sistema globale.
La nostra rovina sono i calcoli, le probabilità, le statistiche, gli algoritmi, le previsioni, i programmi, le proiezioni demografiche, la modellizzazione del futuro, le video-sorveglianze e i controlli biometrici. Si categorizzano le cose, le persone, le vulnerabilità, i generi di prima necessità, il genoma umano coi vaccini
del Covid di ritorno sui manifesti in città e la selezione darwiniana di chi avrà le maggiori possibilità di compatibilità col mondo venturo. Si sceglieranno i figli migliori, senza difetti, col quoziente di intelligenza superiore alla media in modo da perpetuare il migliore dei mondi possibili nel tempo e nello spazio. Noi, invece, nascevamo sotto un cavolo, ci portava la cicogna, arrivavamo in fretta, per caso o per scelta anche senza un lavoro o una casa decente per tutti. La vita portava il senso del mistero e c’era qualcosa di indicibile quando si guardavano le stelle o ci si perdeva nel tramonto del sole sul mare dove ancora non facevano naufragio le imbarcazioni di fortuna. La moneta era metallica o di carta levigata dalle mani unte e callose di chi quadagnava il necessario per il giorno dopo. I negozi erano sotto casa e le campane suonavano le ore.
La follia è ciò che attraversa lo spirito dei poeti, dei navigatori, dei santi, degli amanti, dei bambini e di buona parte delle donne. La follia di Dio che rischia la fragile incertezza su coloro che ha lui stesso immaginato di creare liberi. Nel Sahel tutto questo lo sappiamo, lo crediamo e lo pratichiamo al quotidiano perché si nasce e si vive senza sapere come e senza nessuna accettabile giustificazione. Fabbrichiamo polvere, vento e inventiamo i figli della sabbia che si arrampicano sulle frontiere del futuro. Persino la Banca Mondiale, specializzata in calcoli di probabilità e in previsioni economiche di crescita, ha inaugurato una nuova sede a Niamey. Non è mai troppo tardi per imparare da noi, ricchi della nostra folle povertà.
Niamey, 2 aprile 2023
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