Pur essendoci di mezzo le vite di milioni di persone, le reazioni dei laicisti alle affermazioni del Papa sull'Aids dimostrano un rifiuto pregiudiziale di comprensione della realtà e l'incapacità di fare altro che assumere come bandiera un nastrino rosso e indossare come uniforme il preservativo. Sembra che non sappiano vedere più in là dei propri organi sessuali, credendo che il problema dell'Aids risieda solo in quelle parti anatomiche e si possa vincere con un po' di lattice e un nastrino all'occhiello. Scendono in campo, così attrezzati, pensatori del calibro di Stefano Rodotà, Luciana Littizzetto, Barbara Spinelli, il vignettista Vauro, il socio-politologo Ilvo Diamanti, il rocker (in italiano: rocchettaro) Piero Pelù, il giurista Michele Ainis, lo storico francese Marc Lazar e così via. Rodotà scrive di «proclami intimidatori e veri e propri diktat» dei Vescovi (La Repubblica del 24 marzo); la Littizzetto si chiede (Che tempo che fa, Rai3, del 22) se, allora, il profilattico serva solo a insaccare il salame (sì, se il salame è chi lo usa); la Spinelli scrive di scomuniche, ma non ne conosce neppure l'abc (La Stampa del 22); Vauro su metà della prima pagina del Manifesto (del 24), fa indossare come copricapo il condom a Benedetto XVI; Diamanti solo perché «gli italiani gli disobbediscono» osserva che il Papa sbaglia (Repubblica, del 25); Pelù, si domanda: «E se andassimo tutti a San Pietro vestiti da preservativi?» (Liberazione, del 22), ma non arriva a immaginare per che cosa lui e gli altri come lui potrebbero essere scambiati dai presenti; Ainis (La Stampa, del 26) sentenzia di «potere di disporre del proprio corpo» (cosa proibita dai Codici civile e penale); infine Lazar (Repubblica, del 23), non essendosi accorto di niente, lamenta «gli strani silenzi [in Italia] sul Papa e i profilattici». Gli faremo vincere il cornetto acustico d'oro. Non ho mai visto nessuno di questi signori " che di Aids scrivono, parlano, giudicano e mandano secondo che avvinghiano " sedersi accanto al letto di un malato di Aids a servirlo, ad ascoltarlo e ad amarlo quale Cristo sofferente, come, in Africa e ovunque, fanno i missionari cattolici: preti, suore e laici.
I PADRONI DEL CORPO
Quando si discute di nascita, morte, sessualità, i laicisti manifestano un materialismo avvilente. La parola che prevale è «corpo», quasi che manchino dell'idea di persona. Giovedì 26, a proposito della legge sul "fine vita", su il Manifesto il fondo s'intitolava «I padroni del corpo», riferito a chi rifiuta l'eutanasia; su Repubblica Corrado Augias rivendicava il diritto di «disporre liberamente del proprio corpo» con il testamento biologico, mentre il tuttologo (in libertà provvisoria) Adriano Sofri precisava che «il Senato ha decretato un colossale sequestro di persona: 60 milioni di corpi in un solo colpo» (Bum!). Logico che da questa cultura sia «laicamente» scaturito, su Liberazione, il seguente giudizio: «La vita di centinaia di milioni di bovini, equini, ovini, suini e persino uccelli mandati quotidianamente al macello in ogni nostra città è qualitativamente migliore e quantitativamente maggiore, sotto il profilo del vissuto, di una vita di un umano in stato comatoso senza speranza di ripresa. La qualità e l'esperienza di vita di ogni soggetto senziente animale adulto e sano sono certamente maggiori di quelle della povera Eluana». Chissà che ne pensa papà Englaro.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: