Ci ha presentati David Maria Turoldo, una trentina di anni fa. Lui, Roberto, è ebreo, figlio di madre ebrea. Cattolico, figlio di madre convertita al cattolicesimo. Lo chiamo affettuosamente “attor colto”. Roberto ha insegnato nelle scuole più disagiate possibile, spesso ai ragazzi del riformatorio Beccaria. Il padre, editore e talent scout, è stato fascista e l'amore fra la ragazza ebrea e questo giovanotto in orbace è stato più forte della storia e delle vicende tremende di quel tempo. Così, il mio amico indignato ma senza rancore alcuno, mi pare il prototipo della consapevolezza storica che non cova risentimenti né nulla reclama per sé. Sono stato con lui ad Assisi alla Pro Civitate Christiana, anche perché Roberto è il critico teatrale del mensile “Rocca”, che trova in quella sede i suoi natali. Nella sua famiglia, non sono mancati parenti deportati e spariti nei lager. Roberto è come se dentro di sé avesse l'equilibrio di un ossimoro e la sintesi del sillogismo della storia, scandito nella sua tesi e in altrettanta forte antitesi. Abbiamo collaborato più volte e la sua voce d'attore, profonda e autorevole, ha sempre apportato contributo di stile ai testi in rappresentazione. Ho riconosciuto in lui un cristiano figlio dell'acquaforte della storia e padre della fertilità del presente.
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