Quello che ci lascia sant’Antonio di Padova è un invito all’essenzialità, come via per superare ostacoli e crisi. Dal Portogallo all’Italia, questo santo, uno dei più amati dalla devozione popolare, fu testimone della forza profetica del Vangelo, che sta sempre dalla parte degli ultimi. Fernando Martim de Bulhões (di Buglione in italiano) – questo il suo nome alla nascita – nacque a Lisbona da famiglia nobile nel 1295 (anche se, secondo alcune fonti, la data andrebbe anticipata al 1290). Attirato dalla vita religiosa a 15 anni entrò tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino e nel 1219 venne ordinato prete. L’anno seguente arrivarono a Coimbra – dove intanto si era trasferito Antonio – i corpi di cinque francescani missionari, decapitati in Marocco. Il fatto colpì l’intero Portogallo e spinse Antonio verso il francescanesimo. Chiese quindi entrare tra i Frati Minori, con l’intento di partire missionario per il Marocco, ma le circostanze gli impedirono di realizzare il progetto e lo portarono, invece, tra il 1220 e il 1221 in Italia. Partecipò al Capitolo generale di Assisi, in seguito al quale visse per un periodo nei pressi di Forlì. Su mandato di san Francesco, poi, fu predicatore in Romagna, nel nord Italia e in Francia; nel 1227 era provinciale dell’Italia Settentrionale. Morì durante un viaggio di rientro a Padova, sua città adottiva, nel 1231.
Altri santi. San Fandila di Cordova, martire (IX sec.); sant’Aventino, eremita (IX sec.).
Letture. Romano. 1Re 18,41-46; Sal 64; Mt 5,20-26.
Ambrosiano. Nm 27,12-23; Sal 105 (106); Lc 6,20a.24-26.
Bizantino. Rm 11,13-24; Mt 11,27-30.
t.me/santoavvenire
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: