Il titolo birichino " «lascivetto», avrebbe detto Paolo Rolli (1687-1765) " Mutandine di chiffon, del nuovo libro di Carlo Fruttero (Mondadori, pp. 248, euro 18,50) non deve trarre in inganno: si riferisce solo a un breve capitolo in cui l'autore ricorda quando, adolescente, scoprì che il proprietario della casa di Torino in cui la famiglia Fruttero abitava, aveva fatto i soldi come anonimo compositore di canzonette da boulevard (il titolo è di una di quelle) cantate da Gino Franzi. Tutto qui. Il libro è assolutamente splendido. Carlo Fruttero (84 anni il prossimo 19 settembre) ha raccolto scritti recenti e di epoche diverse in una sorta di autobiografia culturale e di costume davvero privilegiata e testimoniale. Esperto anglista, Fruttero, dopo un soggiorno a Parigi, lavorò all'Einaudi degli anni d'oro, per poi passare alla Mondadori per dirigere la collana di fantascienza «Urania» insieme a Franco Lucentini (1920-2002), con il quale allacciò il fortunatissimo sodalizio di romanzi a quattro mani che, da La donna della domenica (1972) in poi, è celebre nel mondo. Gentiluomo scettico, ma profondamente onesto e buono, purtroppo senza interessi religiosi, Fruttero sa raccontare avvenimenti storici e minuti attraverso una personalissima tavolozza in cui l'unico colore assente è il grigio, confezionando ritratti di personaggi e di luoghi con esattezza d'incisore e ironica indulgenza di uomo di mondo. Uno stile nominale, di accumuli metaforici, di parole semplici ricondotte alla loro carica etimologica, che Arbasino neanche se lo sogna e che forse solo nella Ginzburg più felice può trovare parentela. Un assaggio dal capitolo La piscina di Chichita, dedicato alla moglie di Italo Calvino, gran dama argentina raffinatissima e alla mano, adorata dai bambini: «Così è Chichita: esige sempre il meglio assoluto, dal ferro da stiro al cespuglio ornamentale, dalla sedia a sdraio al biscotto di Fortnum & Mason. Tipico vizio argentino, ammette lei stessa ridendo (ma intanto ti porge un cuscino da spiaggia che fabbricano in pochi esemplari soltanto a Lucca o sulla costa del Maine)«. Irresistibile e staffilante il capitolo Night of Telegram che descrive l'impatto devastante dell'annuncio dell'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956, negli algidi corridoi dell'editrice Einaudi, con il suo algidissimo «padrone» e lo sconcerto dei redattori abituati a osannare il Paese Guida (Italo Calvino aveva invano cercato di convincere Fruttero a prendere la tessera comunista). Sono dieci pagine e mezza che valgono un trattato di sociologia culturale. Ci sono anche tre capitoli dedicati a Lucentini. La prefazione al volume Notizie dagli scavi è forse sovradimensionata rispetto al volume, ma preziosa per la descrizione del carattere e dell'hobbistica di Lucentini. E la qualità, molto piemontese, di un'amicizia che non entra mai nell'intimità, consente a Fruttero di ricordare a ciglio asciutto, ma col cuore stretto, l'amico che, malato, morì suicida: «Che il mare arcano della traversata gli sia soave, povero Franco». Fruttero ha una particolare sensibilità e curiosità per i bambini, che egli considera alieni giunti chissà da dove, che a poco a poco devono adattare ai nostri usi sé stessi e la loro lingua («rogiologio» per orologio, «lusignono» per usignolo), lingua che ben pochi sanno interpretare: per esempio, Lewis Carrol, la ricordata consorte di Calvino e, inaspettatamente, Pietro Citati a cui è dedicato un affettuoso e graffiante ritratto. E così, nell'ultima parte del libro, Apologia della famiglia, troviamo un Fruttero nonno adorante del delizioso nipotino Nathan, alle battute del quale «il nonno si liquefa, si scioglie, riducendosi a una specie di chiazza, di roseo, estatico blob sul marciapiede del boulevard Edgar Quinet, a Montparnasse».
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