martedì 3 settembre 2019
Era nata da poco: una frontiera diversa da quelle che l'avevano preceduta e di cui aveva letto, visto e sentito parlare fin dall'infanzia. Le avevano raccontato che le frontiere esistono da sempre e si diceva le avesse volute Dio per dividere le nazioni secondo i colori e le forme del territorio. Le avevano assicurato che la più parte di queste erano considerate del tutto naturali. Montagne, corsi d'acqua, mari, pietre, alberi da frutto, deserti di sassi e di sabbia. Persino il cielo, di problematica misurazione, era stato scelto da alcuni come frontiera naturale tra Stati adiacenti. Altri avevano preso persino le conchiglie e ne avevano fatto una barriera contro eventuali invasori. Solo col passare del tempo aveva capito che le frontiere chiamate "naturali" sono nella realtà costruite come le altre. Si era accorta che proprio tutte le frontiere sono costruite da mani umane e che possono variare secondo chi detiene il potere in quel momento. A sue spese aveva constatato che le frontiere di carta, legate ai documenti, ai visti di ingresso o di transito non erano meno pericolose di quelle intessute di fili spinati o di intricati sistemi di controllo biometrico. I valli erano invenzioni d'altri tempi e mai del tutto abbandonati, neppure dalle più sofisticate tecniche di separazione di confini di proprietà. Dall'infanzia era stata colpita dalla straordinaria capacità di usare le parole per farne altrettante frontiere. Anzi, con dolore, aveva notato che non c'era nulla di così divisivo e "frontale" come le parole. Nessuna di loro è nata innocente e, peggio ancora, l'uso e la manipolazione le trasformano in temibili barriere.
Aveva imparato, viaggiando e pagando a sue spese, il rifiuto delle frontiere a permetterle di entrare in un territorio che non fosse quello in cui era nata. Ciò le era parso da sempre come una grande ingiustizia, come se gli umani fossero alberi con radici talmente profonde da non potersi spostare altrove. Avessero fatto così fin dall'inizio non ci sarebbe mai stato nessun popolo negli altri continenti del mondo. In quel momento le frontiere non erano ancora state inventate e così è stato per tanto tempo. Arrivarono poi le guerre, le ricchezze da proteggere, i territori da definire e le armate da organizzare. Fu così, almeno a lei sembra, che le frontiere presero piede e divennero col tempo quello che ancora oggi rappresentano. Aveva persino sentito dire che sono i buoni muri di separazione che fanno i buoni vicini. Una follia, secondo lei.
Fortuna che era incappata in un altro proverbio che invece diceva che «chi non ha muri di cinta non ha neppure nemici». Ma non tutti la pensavano così e allora i muri cominciarono a crescere dappertutto in questo strano mondo. Cortine di ferro, di cemento armato, di sassi, di immaginario e di strumenti elettronici. I muri sono ormai parte del paesaggio che le persone e gli Stati hanno assunto come condizione per darsi un'identità, una storia e soprattutto una politica. Ne era ormai certa. Le frontiere non sono altro che l'applicazione della geografia al potere militare del denaro. La storia del mondo è storia di muri. Si era insomma costruito un notevole bagaglio di esperienze. Non ultimo aveva potuto accorgersi che esistevano pure le frontiere "invisibili" che lei annoverava tra le più tragiche. Erano frontiere reali e impercettibili a un tempo. Bastava uno sguardo per creare una barriera insormontabile all'incontro con l'altro e poi, fatalmente, si installava il sospetto, la paura e infine la divisione. La sua scelta era maturata col tempo, con l'esperienza e la possibilità di parlare con tante frontiere frustrate dal loro lavoro. Sapeva che non sarebbe stato facile capirla e meno ancora condividerla. Ne aveva parlato con la sua migliore amica, anch'essa frontiera come lei, e ne era stata incoraggiata e confermata. Aveva scelto di disertare e da allora si sono perse le sue tracce. I migranti sono gli ultimi che giurano di averla vista.
Casarza Ligure, agosto 2019
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