giovedì 9 agosto 2018
Uno dei salmi più noti è certamente quello offerto dalla liturgia delle ore come invitatorio, il salmo 95. Nel suo versetto 5 leggiamo a riguardo di Dio: «Suo è il mare, è lui che l'ha fatto». Viene ribadito il concetto che il mare non sia semplicemente residuo del caos originario, ma che abbia un autore e un proprietario: Dio stesso. Al poeta non basta affermare ciò come puro asserto dottrinale. Quanto che egli constata è il fondamento del suo invito: «Venite!», l'innesco che mette in cammino per prostrarsi all'artefice delle cose create. Il salmista avverte un grado di parentela stretta tra il mare e l'uomo. Entrambe vengono dalla medesima azione divina. Egli ha proclamato che il mare è di Dio perché l'ha fatto lui e degli uomini che invita all'adorazione e alla lode dice la medesima cosa: "egli ci sta facendo (osenû)". L'autore del mare è colui per il quale si può produrre la traduzione letterale "facenteci". Come già il mare nel salmo 146 adesso è l'uomo l'opera alla quale Dio costantemente lavora, la perenne, instancabile attività alla quale si dedica. Come potrebbe il mare far paura se il suo autore è anche il nostro artefice e soprattutto la roccia della nostra salvezza (v1)?
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