Due atti di papa Francesco si sono guadagnati un'attenzione particolarmente alta da parte dei siti e dei blog che prediligono le cronache ecclesiali: mi riferisco alla "Veglia per asciugare le lacrime" e al discorso in occasione del ricevimento del premio Carlo Magno. Tra chi si è speso come interprete della prima mi è piaciuta Assunta Steccanella, che sul blog "Vino Nuovo" ( tinyurl.com/hbqrcu2 ) ne ha messo a fuoco «la fiducia nell'efficacia materiale della preghiera» e «la pedagogia delle lacrime». Tra chi ha valorizzato il secondo segnalo Luigi Accattoli ( tinyurl.com/gqnzhm3 ), che sul suo blog ne ha estratto i brani per lui più salienti, lasciando emergere la categoria di «sogno» e facendo comprendere perché era il perno della maggioranza dei titoli.Voglio aggiungere qui una riga al già corposissimo capitolo del "come comunica Papa Francesco" e in particolare di quanto egli corrisponde per sua natura a quelle forme comunicative "calde" più capaci di farsi strada nell'ambiente digitale. Ecco cosa mi ha colpito: in queste due iniziative pubbliche consecutive il Papa ha fatto risaltare altrettanti tratti umani che, di primo acchito, classificheremmo più di pertinenza del sentimento che della ragione, e cioè il piangere e il sognare.Ma attraverso queste forti emozioni il Papa fa passare dei non meno forti pensieri. Correttamente, Steccanella definisce quella delle lacrime una pedagogia: «Quanto potrebbe incidere sulle relazioni amicali, familiari, ecclesiali, un'azione educativa volta non tanto a esprimersi con il pianto, quanto tesa a far riconoscere il significato del pianto, nostro e altrui?». In modo analogo, Accattoli sottolinea che Francesco introduce il racconto dei suoi auspici per l'Europa con una frase che connette ciò che egli sente sul futuro a ciò che egli pensa sul passato e sul presente: egli infatti dice di sognare «con la mente e con il cuore». Si tratta dunque di sogni fatti a occhi bene aperti.
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