«Don Pino Puglisi anticipava e incarnava il modo pastorale di lottare contro la mafia: in questo senso colpire lui era colpire un'avanguardia. Io credo – afferma lo storico Andrea Riccardi – che don Puglisi sia il modello per i preti dell'Italia del XXI secolo, di come un ministero sacerdotale può tenere unito il tessuto sociale italiano». Una convinzione condivisa da monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo: «Don Puglisi non incarna un'idea di prete, lui è il prete che riesce a farsi interpellare dalla storia, per cui risponde agli uomini concreti, ai volti concreti, ai bisogni concreti, perché il Vangelo è fatto per raggiungere tutta la persona». «Don Pino – sintetizza don Luigi Ciotti – era un prete prete». Assieme a quelle di don Mario Torciva, curatore della causa di beatificazione, e di Giancarlo Caselli, a suo tempo procuratore di Palermo, sono queste le testimonianze più significative raccolte nel documentario Giuseppe Puglisi, beato e martire andato in onda ieri sera su Rai Storia alla vigilia dall'anniversario dell'uccisione del sacerdote siciliano venticinque anni fa, il 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno. E sabato prossimo, nello stesso giorno, anche papa Francesco renderà omaggio al prete del Brancaccio, il quartiere popolare del capoluogo siciliano, punto strategico per gli interessi malavitosi della mafia, dove Puglisi era nato, dove tornò da parroco e dove è necessario tornare oggi, come spiega Paolo Mieli, per poterlo capire. Cosa che il documentario di Antonio Pillosio fa da subito recuperando interviste e immagini di repertorio dalle teche Rai per poi immergersi nuovamente nelle strade dove continua a operare il “Centro Padre Nostro”. A raccontarne l'attività è l'attuale presidente, Maurizio Artale, che spiega come viene mantenuta viva l'eredità del fondatore, barbaramente ucciso da un killer, Salvatore Grigoli, che nel documentario di Rai Cultura racconta a volto coperto di quel colpo a tradimento, sparato alla nuca, con una pistola silenziata. In questo modo «una mafia profondamente atea, non perché fa una professione teorica di ateismo, ma perché – come spiega don Torciva – segue un dio che è ingiustizia, morte, violenza, denaro e sopruso», fa diventare martire un prete che rappresenta l'esatto contrario.
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