Nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani, la parola più frequente nei titoli dei quotidiani è «lezione». “Repubblica” (28/5): «Mattarella e la lezione di don Milani»; “Stampa” (28/5): «La lezione di don Milani secondo Mattarella». Titoli speculari per i quotidiani gemelli, entrambi con inviato a Barbiana: Concetto Vecchio la prima e Francesco Grignetti la seconda (“Avvenire” 28/5 con Mimmo Muolo e Andrea Fagioli). Non basta. Sulla “Stampa” (27/5), titolo: «Don Milani, la lezione del merito per tutti», Linda Laura Sabbadini ricorda il motto “I care”: «Il messaggio che ha lanciato è potente, di grande senso civico. Un messaggio forte per una vera democrazia che deve basarsi su libertà, partecipazione, crescita culturale di tutti, nessuno escluso». L’inclusività è sottolineata anche da Alex Corlazzoli sul “Fatto” (27/5): «Don Milani oggi: la scuola deve insegnarci come si vive insieme». Nessuno da escludere, tutti da unire. È l’accento posto da Vanessa Roghi sulla “Repubblica” (27/5), titolo: «Perché dobbiamo imparare ancora da don Milani». «Recuperare gli ultimi alla polis – scrive Roghi – era, da cristiano, il suo obiettivo più importante. Sul come farlo possiamo ancora discutere, nulla necessità di farlo, no. E questo rimane il suo lascito più radicale, ieri come oggi». Più testate danno voce a Rosy Bindi, presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni: “Repubblica” (23/5), “Quotidiano nazionale” (27/5) e “Avvenire” (26/5, intervista di Marco Iasevoli). Attorno alla figura di Milani il consenso è vasto e comprende anche “Libero” (27/5), titolo: «Altro che prete rosso. Così don Milani bacchettava “cristianucci e comunisti”». Mario Bernardi Guardi cita i lavori di Alessandro Mazzarelli: «Un prete con la tonaca, fiero della sua fede, convinto che la coscienza dovesse essere senza macchia e senza paura». Consenso vasto ma non unanime. È ancora il “Fatto” (29/5), con Tomaso Montanari, a titolare: «Don Milani, gigante eretico annacquato nella retorica», denunciando un’«Italia senz’anima che, celebrandolo, lo tradisce». Del tutto controcorrente è la “Verità” (26/5) con Marcello Veneziani. Per lui Milani fu sì un maestro ma, considerati i frutti, «cattivo (...). Negativi gli effetti delle sue buone intenzioni (...). Non un maestro cattivo, ma un cattivo maestro».
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