martedì 21 gennaio 2014
Don Aldo era un prete rimasto confinato per tutta la vita in un paesino, senza mezzi di trasporto se non la bicicletta. Ciò a partire dai tempi che Giovannino Guareschi ha fissato per sempre nei personaggi di Peppone e Don Camillo, sindaco comunista e parroco così galantuomini che, quasi quasi, avrebbero potuto scambiarsi, mutatis mutandis, le parti fra di loro. Questa però è storia della fine del XX secolo. Don Aldo era stato, in gioventù, uno scalatore e un calciatore provetto, ma per non assecondare il proprio orgoglio, abbandonò entrambi gli sport. Non aveva una domestica e la sua talare era così infeltrita che poteva stare in piedi da sola, come un'armatura medievale. Ogni sera si sedeva al monumento dei Caduti, per pregare per tutti i morti che non avevano nessuno che li ricordasse. C'era un ladro che gli entrava in canonica per rubargli i pochi soldi. Quella notte di temporale, gli pioveva in casa dal soffitto. Don Aldo trascinò la branda in cucina e il ladro, entrando proprio da quella finestra, se ne lagnò con il padrone di casa. Oramai, ladro e derubato erano diventati quasi amici. Don Aldo non sporse mai alcuna denuncia. I furti furono oltre una decina ma poi il giovane rinsavì, sposato, si era trovato un lavoro onesto e aveva avuto pure dei bambini. Gli è andata male agli stipendiati dei tribunali e delle galere: giustizia è stata fatta così.
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