
Caro Avvenire, partecipando sabato alla manifestazione nazionale pacifica pro-Palestina, ho provato molte emozioni e, soprattutto, compreso molte cose. Tantissimi i presenti (10.000? Forse, ma di sicuro ancora troppo pochi), ognuno col cuore affranto, ognuno desideroso di fare la propria parte, di gridare al mondo che Gaza è il baratro in cui è piombata l’Umanità. Impressionante la foto di una sala operatoria bombardata durante un intervento in corso, con il paziente ancora sul lettino e il pavimento inondato di sangue. Tristissimo il cartellone con i volti degli oltre 500 sanitari uccisi (erano forse tutti terroristi?). Spaventose le immagini del prima e dopo i bombardamenti a Rafah, letteralmente rasa al suolo. La frase contro la Meloni? Deprecabile, condannabile, certo, ma si tratta di una scritta. Meritava i titoli dei giornali?
Gianluca Rossetti
Trezzano sul Naviglio
Caro Rossetti, la sua lunga lettera contiene diversi motivi di riflessione. Il primo, fondamentale, è la tragedia che si sta di nuovo consumando a Gaza, bombardata senza risparmio da Israele dopo la fragile tregua che aveva fatto sperare in una possibile fine della guerra. Finora si contano oltre 50mila vittime palestinesi accertate, molte delle quali civili, con un numero altissimo di bambini. Ma i morti potrebbero essere ancora di più, sepolti sotto le macerie di centri urbani distrutti e irriconoscibili.
Lei, caro Rossetti, lamenta un certo disinteresse da parte dei media italiani, e di sicuro colpiva nei telegiornali e sui siti di informazione, domenica, e sulle prime pagine dei giornali, ieri, la doverosa, ampia copertura della strage di abitanti a Sumy, colpita dai missili russi, rispetto allo spazio decisamente minore concesso al bombardamento dell’ospedale Al Ahli, tra i pochi presidi sanitari rimasti operativi nella Striscia, da parte delle forze armate di Tel Aviv. Ciò riflette il diffuso (ma non totale) sostegno all’Ucraina aggredita e la scarsa empatia verso il popolo palestinese identificato con Hamas, responsabile del pogrom anti-ebraico del 7 ottobre 2023. Non mancano però le voci che continuano a raccontare (e a denunciare, se del caso) le atrocità che vengono compiute nel conflitto che lacera e insanguina quella che per i cristiani rappresenta anche Terra Santa. E “Avvenire” è certamente tra queste, senza alcuna timidezza.
Passiamo alla seconda considerazione. La manifestazione di sabato a Milano era partecipata, ma la mobilitazione è ben poca cosa se parametrata su quello che sta accadendo a Gaza dove, con l’assenso degli Stati Uniti e l’inerzia dell’Europa, oltre all’offensiva militare si sta provando a espellere parte dei residenti all’interno di un piano di occupazione parziale israeliana (e sullo sfondo rimane la provocazione di Donald Trump circa la trasformazione della Striscia, svuotata della sua popolazione, in una destinazione turistica di lusso). Anche in questo caso, è difficile non essere d’accordo. Sia dal basso sia a livello di forze politiche si sta facendo troppo poco per cercare di mettere fine a un conflitto terribile, che ha visto versare il sangue di troppi innocenti, da entrambe le parti. E se ancora criminali miliziani di Hamas, indifferenti al destino dei loro connazionali, sparano missili verso lo Stato ebraico, la risposta rimane ampiamente sproporzionata e troppo spesso prende di mira i non combattenti. Per molti, paradossalmente, sotto accusa è da mettere ormai la Corte penale internazionale, che sospetta di crimini di guerra Benjamin Netanyahu, e non lo stesso premier israeliano che ordina gli attacchi.
Di qui – e veniamo al terzo, più controverso punto – a minacciare la presidente del Consiglio o vandalizzare vetrine e sedi commerciali non si vede, a mio parere, il nesso, né si può giustificare il metodo in vista del fine condivisibile. Sta proprio nella commistione di una maggioranza di sinceri pacifisti con minoranze violente la debolezza di molte azioni a favore della causa palestinese. Una sola frase può rovinare tutto? In un mondo ideale, forse no. Ma i precedenti e le dinamiche della comunicazione sono noti. Per questo i promotori di eventi come quello di Milano dovrebbero con più decisione isolare i facinorosi e prendere poi nettamente le distanze dalle loro provocazioni.
Lei, caro Rossetti, dice che “Avvenire” l’ha delusa nell’enfatizzare quella scritta contro la premier a scapito del merito della manifestazione. Qui non la seguo proprio. E se riconsidererà tutto a mente più fredda, potrà comprendere come si rischi di sprecare occasioni importanti sottovalutando la portata simbolica di singoli gesti sbagliati. Le vittime di tutte le guerre chiedono che non si strumentalizzino le loro vicende e non si perda tempo nel sostenerli.
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