Bambino, se solo tu potessi raccontarmi ciò che non sai di ricordare. Eppure, è chiaro, non vieni dal nulla, con quei meravigliati occhi gentili.
Li hai aperti e erano ciechi a questo mondo, abbagliati da una diversa luce. E mangiavi e dormivi e piangevi, come un naufrago che si sfami e poi si disperi, e sfinito si assopisca. Che cosa ti sei lasciato indietro, Martino? Cosa vedi, a tre mesi, quando nel sonno sotto le palpebre gli occhi ti si muovono veloci, come quando si sogna? Non sai nulla di questo mondo e dunque cosa sogni, se non il mondo di prima?
O forse te ne restano solo frammenti: colori, rumori, echi. Riflessi che noi non conosciamo, suoni mai ascoltati. Indescrivibili profumi. Se tu potessi, bambino, dirmi soltanto qualcosa del segreto mondo di prima.
Te lo leggo negli occhi candidi, che nella memoria custodisci qualcosa di bellissimo. E ti attacchi al seno di tua madre, al conosciuto battito del suo cuore, per non smarrirti, mentre si allontana il ricordo della tua vita anteriore.
Forse dimentichiamo tutto, per un imperativo celeste, quando veniamo alla luce. Tutto? Ci resta, di quell'Eden, un bagliore, un tenue filo. Che però misteriosamente ci conduce. Eravamo felici, dentro la mente di Dio. Quel sommerso ricordo come un istinto: per tutta la vita, segreto, inconscio, ci accompagna.
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