Umberto Saba dovrebbe riscrivere la poesia la “Solitudine del portiere”, perché non c'è uomo più solo del 12°, alias: il caro vecchio secondo portiere. Chi non ricorda con simpatia mista a pietas sportiva, figurine epiche come Piloni, Alessandrelli, Bodini? Tutte vittime sacrificali dell'eterno titolare Dino Zoff. Ma l'uomo da “riserva” rimane Raffaele Di Fusco. Secondo portiere per antonomasia. Dal 1977 (17enne) al 1998, Di Fusco è stato il “vicerè” della porta del Napoli. Il secondo fidato di Castellini, Garella, Giuliani, Giovanni Galli e Taglialatela. Dalla panchina, umile e appassionato, assiste all'apoteosi dei due scudetti vinti dal Napoli di Maradona. Poi un giorno, l'11 giugno 1989, ad Ascoli tocca a lui subentrare, e niente meno che al posto del bomber brasiliano Careca. Il mister Ottavio Bianchi nella distinta consegnata all'arbitro lo ha fatto inserire con il solito numero 12 ma anche con il 16. E con quella maglia fa l'ingresso in campo: al 79', tra lo stupore generale, esce l'infortunato Careca ed entra Di Fusco. Sostituzione unica e irripetibile. Un'invenzione geniale di Bianchi, quanto quella brevettata da Di Fusco, attualmente disoccupato: il «deviatore di traiettoria», strumento utile in allenamento per tutti i portieri, anche quelli di riserva, o da riserva, come lui.
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