Di chi è cosa buona e giusta scrivere, e quanto spazio concedergli? Due giorni fa, dopo aver riferito della lunga intervista all'imprenditore e influencer Gianluca Vacchi con successive riprese, ponevamo la parola “fine”. Sbagliato. Sul “Corriere” (2/6) anche Aldo Cazzullo considera l'argomento di assoluto rilievo e decide di dire la sua, prendendo spunto dagli interventi di due lettori. Scrive cose tanto ragionevoli da sembrare scontate, pur non essendolo: «La ricchezza in sé non è una brutta cosa, anzi. Quando si rispettano le leggi e si pagano le tasse, la ricchezza è una benedizione pure per gli altri. Se l'Italia è il Paese più bello del mondo, è perché generazioni di ricchi – sovrani e papi, ma anche mercanti e imprenditori – hanno commissionato opere meravigliose e fatto lavorare gli artisti più grandi che l'umanità abbia avuto. Ma se la ricchezza serve a costruire solo ville e campi di padel, allora qualche commento ironico ci sta». Ironico sul riccone ma anche, e soprattutto, su chi lo adora sommergendolo di “like”. Cazzullo paragona tre video: Vacchi che apre il baule della sua auto con un piede (in realtà è un suo collaboratore fuori campo); Lawrence Olivier e Gassman che leggono “Essere o non essere” e “Paolo e Francesca”. Ovviamente non c'è gara, ma come potrebbe esserci? Il giorno dopo sulla “Repubblica” (3/6) Concita De Gregorio affida il suo colonnino a Federico Atinori, giovane rugbista con un «lieve disturbo dello spettro autistico», persona meravigliosa, che parla di sé con umile e candida sicurezza: «Ho difficoltà a stare concentrato sulla realtà. A me piace tanto fantasticare ma non riesco quasi mai ad arrestare la fantasia come si dovrebbe fare». Commento di De Gregorio: «Lo ascolto, mi domando se si dovrebbe». Atinori ha avuto neanche un decimo dello spazio di Vacchi. Domandiamoci se si dovrebbe.
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