«Sutor, ne ultra crepidam», ciabattino, non andare oltre la tomaia. La celebre ammonizione latina usata già da Plinio il Vecchio è rivolta in blocco dal prof. Flamigni ai parlamentari italiani, che egli, dunque, sembra considerare come calzolai, perché «sanno poco di queste cose», cioè di aborto e problemi demografici (l'Unità, lunedì 31). Motivo dell'accusa: la mozione della Camera che «impegna il Governo a farsi promotore», presso le Nazioni Unite, di una moratoria mondiale per l'aborto legale. Disturba Flamigni la finalità della mozione, cioè la «condanna dell'uso dell'aborto come strumento demografico» e «per il controllo delle nascite». Eppure proprio questo uso è vietato dall'articolo 1 della legge 194, che lui difende. La mozione sarebbe «un tentativo tortuoso e ingenuo di assalto», insomma una sorta di ricorso all'Onu per cassazione della legge. Inutile, dice il professore, «nel nostro Paese l'interruzione della gravidanza non viene utilizzata come metodologia contraccettiva dalla stragrande maggioranza delle donne». Infatti non è un metodo di contraccezione. In ogni caso, anche se non in misura maggioritaria, il suo uso per il controllo delle nascite è diffusissimo, come Flamigni stesso documenta: «Gli aborti ripetuti sono il 38% per le donne straniere e il 21% per le italiane». Vediamo: la relazione ministeriale sulla 194 per il 2007 registra 1486 casi di aborti ripetuti fino a cinque volte, 2139 fino a quattro, 6765 fino a tre, 22.918 fino a due. In totale 36.135 recidive. Non sono poche. Per non parlare degli aborti clandestini e del numero non definibile, ma certamente altissimo, dei criptoaborti con la pillola del giorno dopo.
BENVENUTE, PERÒ...
«Perché il vero laico ha bisogno della religione» è il titolo di un saggio di Giancarlo Bosetti, già vicedirettore dell'Unità e ora direttore di Reset. La sua «premessa», anticipata da Repubblica (mercoledì 2), contiene non poche interessanti ammissioni: «Le religioni nello Stato liberale non sono solo tollerabili, ma benvenute e forse necessarie», «Le estreme laiciste [...] hanno smarrito il senso di quel che la religione è», «Gli affamati guerrieri laici rivolgono ai credenti tutti i giorni un unico messaggio: vade retro!». Molto bene, tuttavia traspare anche la vecchia voglia di un uso strumentale, nello "Stato laico", della religione. Il primo approccio, infatti, è con «l'arroganza clericale della Chiesa di Roma», con i suoi «dogmi non negoziabili». Il secondo è la speranza di un «cambiamento» della «funzione» della Chiesa e la previsione che «se il pontificato non cambia direzione riaprendo l'agenda del Vaticano II, il mondo cercherà altre vie [...] la "rivincita di Dio" prenderà altre strade...». L'impressione è ancora che «le religioni», se vorranno essere davvero «benvenute», dovranno adeguarsi, magari "negoziando i loro dogmi" con lo Stato per adeguarsi ad esso. Vale a dire rinunciando a essere se stesse.
NOIA AL BUIO
Su Il Giornale, che per ovvi motivi mi duole citare, il presidente Cossiga ha dato (martedì 1) i suoi consigli anche alla Chiesa: «Accerti i fatti e poi giudichi». Poi, incidentalmente, ha definito Avvenire «giornale noioso, che io non ho mai letto». Come fa a definirlo tale se non lo ha mai letto? E, senza accertamenti, a dare i suoi acuti consigli in queste circostanze?
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