giovedì 11 gennaio 2018
Come ogni inverno ripenso a Mario Rigoni Stern e alle nostre passeggiate sulle creste dell'altopiano di Asiago dove lo conobbi quando era ancora in gamba, capace di condurmi sui sentieri in mezzo al fogliame. Camminava inclinato per affrontare meglio la salita. Avanzava con ritmo lento e cadenzato. Risparmiava il fiato. Parlavamo coi fantasmi dei soldati rimasti in Russia ma incontravamo anche delle scolaresche in visita didattica. Il vecchio sergente si fermava a raccontare le storie del bosco e loro ammirati lo circondavano quasi fosse il maestro. «Zitti bambini - diceva lui - non dobbiamo fare rumore, altrimenti svegliamo i caprioli». Non c'era alcuna cesura fra l'uomo e lo scrittore. Il che significa: nessun frammento lasciato a se stesso, ma sempre il tentativo di realizzare un disegno unitario. Fu questa la vera lezione che il grande scrittore mi impartì: non dovremmo mai diventare schiavi di una passione, di un solo desiderio, di un'unica volontà, ma cercare di ricondurre ogni tassello dentro il mosaico. Per farlo bisogna avere in testa un progetto al quale aderire. Chi segue soltanto l'istinto è destinato a perdersi. Quando una volta Mario incontrò davanti a me un coetaneo che aveva fatto la guerra insieme a lui, prima l'abbracciò, poi per salutarlo gli disse: «Ci rivedremo a sciare in Paradiso.»
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