
II Domenica di Quaresima - Anno C
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Un anticipo di Pasqua, un assaggio della resurrezione: di questo oggi ci parla il Vangelo. Appena entrati nel tempo di Quaresima il racconto della Trasfigurazione ci fa intravedere verso dove stiamo andando, la nostra meta, l’orizzonte vicino. E che importa se tutto ancora deve accadere, che importa come e quando accadrà e se ci saranno nubi o tempeste a incuterci paura: ora lo sappiamo cosa ci attende. Non domani, non nell’aldilà: ma se saremo capaci di ascoltare, di spiare nel fragore la Sua voce, di scovare nel silenzio la Sua presenza.
Accade anche a noi, quando l’amore scorre nelle vene, di trasfigurarci: lo leggiamo negli occhi di luce degli innamorati, lo avvertiamo nel brivido della loro pelle, lo scopriamo esterrefatti da uno sguardo che luccica.
L’amore non si vede, ma se ne vedono i giochi di luce, gli effetti speciali, come una veste improvvisamente sfolgorante. I volti e le vesti, persino le vesti, a contatto con la carne dell’infinito diventano luce e bellezza. Inondati di amore.
Ma non possiamo pretendere che tutto ciò succeda nelle frenesie della nostra vita, quando siamo distratti o concentrati solo sui problemi e le difficoltà o sulle monotone incombenze: anche noi, come Gesù, dobbiamo “salire sul monte” e cercare e pregare, che è un modo di cercarlo, l’infinito.
E magari ci sarà un attimo, sempre troppo breve, in cui saremo raggiunti e sommersi da questo infinito e ci sembrerà di sognare o di volare in questo bagno di luce. Troppo bello per essere vero, così bello da chiedere che non finisca mai, da accucciarsi in quel benessere insperato e appagante. Capita anche a noi, quando qualcosa o qualcuno ci raggiunge nel profondo delle nostre fibre, quando la bellezza di un momento ci trafigge, di desiderare di prolungare quel momento all’infinito. Non si vorrebbe più uscire da quel nido caldo e felice.
E invece, anche per noi, come per i tre apostoli, arrivano le nubi, le incertezze, i brividi che ci fanno dubitare: che succede? Si stava così bene, scompare la luce, c’è solo nebbia: ora ho paura. Non vedo niente, ma una voce mi rassicura: l’amore non finisce, devo riuscire ad afferrarlo, Lui è qua.
Allora atterro planando sulle solite cose impolverate, con un buco di nostalgia nel cuore: non è stato un sogno, ora lo so, devo tenere ben aperti occhi e orecchie. Perché a volte anche un granello di polvere improvvisamente brilla e si riempie di luce e per oggi mi basta.
(Letture: Genesi 15,5-12.17-18; Salmo 26; Filippesi 3,17-4,1; Luca 9,28b-36)
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