Trenta gennaio. La nebbia del mattino nasconde al nostro breve orizzonte la realtà di un quotidiano ripetitivo, dove l'interesse per i fatti del giorno perde il proprio colore in questo bianco diffuso. Forse l'atmosfera lattiginosa senza prospettive può aiutarci a comprendere un po' di più le immagini che in questi giorni la televisione ci ha trasmesso sulla desolazione dei campi di sterminio operata dai nazisti. Dovremmo sempre tenere un piccolo spazio nella nostra mente dedicato all'intensità di quella pena che, prima del corpo, ha colpito nell'animo e nella dignità migliaia di nostri fratelli. Non c'è stato nella storia dei popoli della Terra confronto con tali sofferenze, di fronte alle quali le difficoltà, le ingiustizie, le limitazioni alla libertà di iniziative, la mancanza di lavoro di cui ci lamentiamo e cui andiamo incontro ogni giorno, dovrebbero perdere a nostro giudizio di intensità e di misura. È vero che guardando i campi della morte non si soffre il dolore dalle vittime, ma si può capire quale sia stato il terrore e soprattutto l'umiliazione di scoprirsi divenire giorno dopo giorno esseri senza volontà, senza pensiero se non quello di riuscire ad avere un pezzo di pane. La fame, portata all'eccesso, distrugge le facoltà dell'animo, a meno di non avere una forza interiore supportata da uno spirito religioso che nutre l'anima al di sopra di ogni realtà del giorno e della prospettiva futura. Non sono le figure dei bambini che ci colpiscono di più, anche perché vengono velocemente annientati, ma è immaginare come uomini e donne che hanno affrontato e forse gustato la vita, con i suoi dolori e le lacrime, ma anche con il sorriso, l'amore, la pace, sentano ora per ora distruggere dentro di sé l'intelligenza, la carità, l'amore, il rispetto per l'altro. Questa autodistruzione deve essere stata una sofferenza tanto più forte quanto più chi vi era sottoposto era conscio delle proprie capacità, della propria dignità. Non dimenticare questi delitti contro l'umanità è un compito che noi europei ci siamo imposti, anche se oggi dobbiamo allungare lo sguardo ai popoli che avevamo chiamato «d'Oriente» con i quali cerchiamo di migliorare la nostra economia, ma che in diversa misura annientano uomini e donne per la propria volontà di potere. È bene allora ricordare che il compito di migliorare il sistema di vita della propria gente presuppone anche il sincero scambio di opinioni sul tema del rispetto della libertà. E guardarci attorno nel seguire le linee del mondo ci fa pensare per quanti secoli l'umanità dovrà ancora lavorare su se stessa per meritare un eternità felice.
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