mercoledì 25 luglio 2018
Definire Dio porta sempre in sé il rischio di ridurlo. Giovanni non ha paura di questo. Egli inizia praticamente il corpo della sua prima lettera così: «Dio è luce e in lui non c'è tenebra alcuna» (1 Gv 1,5). Le sue parole non hanno lo scopo di imprigionare Dio in una formula, bensì quello di liberare l'uomo nella sua condotta. Il contrasto tra la luce e le tenebre serve infatti all'apostolo per parlare, nel suo scritto, della questione etica, del comportamento all'interno della stessa comunità cristiana che aveva provato il trauma della secessione (2,19) perché alcuni non avevano riconosciuto Gesù venuto nella carne (2Gv 1,7). Uscendo dalla luce del Verbo si sono messi a camminare fuori dalla verità e dall'amore. Giovanni introduce la sua definizione di Dio in questo modo: «Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui» (1,5). La stessa sonorità la troviamo più avanti: «Poiché questo è il messaggio che abbiamo udito fin dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri» (3,11). Siamo così autorizzati a collegare il tema della luce a quello dell'amore e a comprendere il parallelo con l'altra definizione di Dio che Giovanni ci ha lasciato: «Dio è amore» (4,8.16). La luce, questa specie di autoritratto divino, è a servizio dell'amore.
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