martedì 17 maggio 2016
Subito: è stato un bel campionato. Tutto regolare al vertice e in coda. Scudetto ultrameritato alla Juventus, raccomando al presidente Agnelli di non invocare il 6° di fila, pena affermare che la Signora gioca senza rivali, ma di dedicarsi con ogni mezzo (economico e strategico) alla Champions perduta, non tanto a Monaco di Baviera ma a Siviglia con il gollaccio di Llorente (8 dicembre 2015); già quest'anno, con la partenza a handicap e l'arrivo trionfale solitario, la Juve ha rivelato l'immaturità dei rivali. Il bellissimo Napoli di Sarri ha pagato l'integralismo del suo bravo ma inesperto (in A) condottiero, riscuotendo un importante accesso diretto in Champions, il record fascinoso e storico di Higuaìn che supera Nordhal (36 gol), intorno al quale il tecnico ha costruito una squadra ad hoc. Doveva solo premurarsi, Sarri, di presentarsi a Casa Juve con qualche effetto sorpresa, modificando il suo felice 4-3-3 davanti a quell'Allegri che aveva avuto il coraggio - premiato - di sostituire Conte anche nelle scelte tattiche. Il Napoli, di contro, per virtù di uno staff già felicemente all'opera con Mazzarri, ha registrato rari episodi negativi sul fronte medico e non ha saputo approfittarne, così come non ha saputo trarre vigore dall'assenza delle milanesi. Per qualità di interpreti era stata pronosticata fin da agosto dominatrice del campionato la Roma e la riprova che non si vaneggiava è venuta da Spalletti, autore di un inseguimento prodigioso che non può essere giustificato soltanto - come molti fanno - dall'acquisto dell'ottimo Perotti e del reietto El Shaarawy; eppure - se ben ricordo - Garcia aveva meritato applausi dal popolo e stima dai critici, cos'è dunque successo perchè fosse messo inopinatamente alla porta? Bisognerebbe chiederlo a Luis Enrique, primo in Spagna, inascoltato a Roma dov'è rimasto vittima, come il successore, del tottismo, patologia romanista ispirata dall'egocentrismo di pochi a spese del gruppo. Spalletti ha sfidato il capitano esaltando se stesso, la squadra e lo stesso Totti che, paradossalmente, per vendicarsi ha fatto magie, meritando il contratto “à suivre”. Trovo inutile ripercorrere lo sventurato cammino di Inter e Milan il cui fallimento pretende ravvedimenti societari e tecnici: verrebbe da dire «tutti a casa», ma la casa non c'è più: salvatori cercansi. Applausi al Sassuolo, 6° posto. Passo in coda per avvalorare anche la salvezza della cicala Palermo a svantaggio della formica Carpi: intanto è importante - parliamo di calcio - che i siciliani siano stati salvati dai calciatori, in primis i rivoluzionari Sorrentino e Maresca, il vecchio Gilardino e il signor Vasquez; poi, fatti alla mano, è stata più deleteria la “sospensione” per tre mesi di Castori, costata solo sconfitte, del carosello di panchinari gestito da Zamparini. I progetti di rinnovamento suggeriscono un tempestoso turnover di tecnici. Sono sul punto di lasciare; elenco, in ordine di classifica rovesciata: Stellone, De Canio, Ballardini, Montella, Reja (1000 panchine, ciao “Vecio”), Ventura, Gasperini, Giampaolo, Simone Inzaghi, Brocchi e Mancini. Paradosso preoccupante: son quasi tutti candidati alla guida della Nazionale. Auguri. All'Italia.
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