In pomeriggi estivi quando non muove foglia, all'ombra di un castagno o d'un faggio, frinire di cicale e grilli, il ronzio degli insetti; nel tepore domestico delle sere d'inverno, il fuoco a compagnia tra crepitii, palpiti e scoppi, rinnovo sogni di bimbo, sogno ad occhi aperti. Un sogno che mi è stato consegnato, per evocazione, da tramiti inconsapevoli; si è strutturato su cadenze vocali, posture di corpi, gesti quotidiani. Un patrimonio, eredità naturale, sedimentato nella storia dell'uomo in questo paesaggio. La dignità della persona, la sacralità della parola, la responsabilità nelle azioni. Col passare degli anni si è mondato d'ogni orpello, non rivendica alcunché, si offre allo sguardo con la potenza di una visione: quello che fu, che è stato, è qui. Spezzare il legame, credersi nuovi in terra nuova, creatori dell'esistente e padroni della vita non è accedere alla libertà ma consegnarsi a nuove schiavitù di cui si ignorano le crudeltà. Dal rispetto dei morti fiorisce la consolazione nei viventi e viceversa; una dolcezza del vivere che accettandone caducità e incombenza del tragico fortifica i singoli e le comunità nel tempo loro concesso.Il sogno si è materializzato nella Corte Transumante di Nasseta, libera compagnia di teatro; le montagne immobili sullo sfondo, uomini e cavalli sono scesi in città, Reggio Emilia, trovando accoglienza nei Chiostri di San Pietro dove, per una settimana, hanno stabilito la loro dimora. Chiostri benedettini requisiti da Napoleone e mai restituiti ai legittimi proprietari; trasformati in caserma ad uso di truppe francesi, cispadane, ducali nella Restaurazione, poi del Regno d'Italia e della conseguente Repubblica e infine abbandonati. Cinti da mura, difesi da portoni in ferro, preservano uno spazio edificato con sapienza, arte e maestria, ben fondato sulla terra e aperto al cielo in alto, avvolto nel silenzio: monito, sprone, esempio. Una manciata d'uomini, due di cavalli; rumore, odore, sudore; voci, nitriti, musiche per la messa in scena di un Canto, epica storia dell'Alpe e dei suoi abitanti. Una settimana di teatro in città, barbarico e montano, a ricordare che non di solo PIL vive un Paese.Nel frattempo le elezioni amministrative hanno evidenziato lo sfacelo della rappresentanza politica, a destra conclamato, a sinistra tormentato. Un atto di terrorismo che, al momento, sfugge ogni definizione ha portato dolore e morte davanti una scuola. Il terremoto devasta zone di pianura ritenute, fino ad oggi, a basso rischio sismico e s'accanisce contro chiese e capannoni industriali. Dall'ora et labora che ha forgiato la civiltà d'Europa al produci consuma che l'ha arricchita e la sta annichilendo, tutto si sgretola, rotola nella polvere. Una popolazione laboriosa, ospitale, giustamente fiera, costretta nel dolore e nella paura si sta misurando con l'imponderabile: pane e lavoro, s'aggiungano pure le rose, non bastano all'uomo e, comunque, non sono mai garantiti. La corrispondenza privata del Papa trafugata e divulgata ammorba un'aria già inquinata da apparati finanziari ed incupisce le ombre nelle sacre stanze; a contrasto risplende, per riverbero, il biancore mite, remissivo, sapiente del Santo Padre; nella serena immobilità la forza. Perché non manchi il tocco melo nel dramma: blitz con arresti a Coverciano nel giorno in cui il commissario tecnico della Nazionale di calcio, apoteosi del pop italiano, rende nota la lista dei prescelti per il campionato europeo.(continua)
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