Achi si propone un agosto più riflessivo che smemorato, consiglio un breve libro di Matteo Marchesini (Edizioni dell'Asino): Soli e civili. Savinio, Noventa, Fortini, Bianciardi, Bellocchio. «Il lettore si chiederà che cos'abbiano in comune questi autori» avverte subito Marchesini. La risposta è che sono stilisticamente e intellettualmente assai eterogenei, accomunati tuttavia dalla loro «capacità demitizzante e demistificatoria», si tratti della fortiniana critica dell'ideologia o della saviniana «democrazia mentale». L'attualità di questi autori c'è sempre stata, pur essendo ogni volta intempestiva e controtempo. Del resto c'è da chiedersi sempre in che situazione culturale ci troviamo. Secondo Marchesini oggi due miti particolarmente ingombranti e inquinanti sono quella della Personalità (l'individuo fatto merce mediatica) e quello del “fatto compiuto” e del Successo (che secondo Bianciardi, beffardamente, non è altro che «il participio passato del verbo succedere»). Gli eventi sono subito mitizzati, i fatti diventano subito valori e come tali vengono rispettati. Ormai non c'è (se mai c'è stata) un'opposizione politica che non sia schiava di queste idee o idolatrie. Un autore qui manca, uno dei più misconosciuti del nostro Novecento: è Nicola Chiaromonte, ma lo stesso Marchesini segnala questa lacuna ripromettendosi di colmarla in futuro. Altro misconosciuto è Piergiorgio Bellocchio, con Garboli e La Capria il nostro migliore scrittore di fine Novecento. Per quanto vorace, l'industria della cultura non manca mai di confermare la sua attitudine a ignorare chi non si autopromuove e volentieri latita. Per questo, il saggio che Marchesini dedica a Bellocchio è l'eccellente novità del libro. Bellocchio è uno scrittore non facile da definire e i critici letterari sono spesso intellettualmente un po' pigri. Marchesini una definizione l'ha trovata: con i suoi «sorprendenti, demistificatori lampi di verità sulla nostra vita quotidiana» Bellocchio è «il raro esempio di un satirico con pathos».
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