Capita che Dio faccia capolino sui quotidiani. Dio come persona, come idea, come desiderio. Capita meno raramente di quanto si possa pensare, anche se bisogna cercarlo. Quanto “Dio” c'è nella fiction “Don Matteo”, giunta alla tredicesima stagione? Il passaggio di consegne tra Terence Hill e Raoul Bova è stato indolore, anzi: 6 milioni di telespettatori, 31% di share. E fioccano le interviste a Bova: una pagina intera sul “Corriere” e sul “Giornale”, ben due sul “Fatto”. Nessun proclama roboante. Bova non deflette dal basso profilo che gli è proprio, e fa bene. «È in questa parrocchia – spiega a Laura Rio sul “Giornale” (30/4) – la prima del suo sacerdozio, che scopre l'importanza della tonaca, la concretezza del bene, l'esempio da seguire e da dare». Ad Alessandro Ferrucci sul “Fatto” (1/5) aggiunge: indossare la tonaca è «un passaggio spirituale, un modo differente per mettersi a nudo». Un ruolo interpretato con «gioia», confida Bova a Chiara Maffioletti sul “Corriere” (30/4), quello del «prete che avrei voluto incontrare io: un amico, una persona saggia, non un saccente, che non cita a ogni costo il Vangelo ma ti sta vicino con la sua spiritualità». Che poi l'unico vero modo di “citare il Vangelo” è viverlo, a ogni costo... Dialogo su Dio, ideale e a distanza, tra Ligabue e Michele Serra. Aldo Cazzullo intervista il cantautore sul “Corriere” (1/5). Domanda: «Crede ancora?». Risposta: «Non può non esistere una linea di giustizia che regola il mondo». Serra, sulla “Repubblica” (30/4), ribadisce la sua disapprovazione verso ogni fanatismo religioso, dal «mullah paranoico alla giornalista russa invasata», e conclude: «Se Dio esistesse, fulminerebbe per primi i fanatici che lo nominano invano. Purtroppo non esiste, ed è per questo che dei fanatici siamo in balia». Poi magari esiste, ma non assomiglia né a Zeus né a Odino.
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