Avere un termometro pressoché immediato delle reazioni di quello che un tempo chiamavamo «pubblico» è una delle virtù della «rivoluzione digitale». Così, mi è già capitato di misurare come non sempre le passioni di lettori e utenti rispecchino le scelte dei siti e dei blog. Anche due giorni fa: registravo la popolarità, dentro la Chiesa digitale che tengo d'occhio, della storia di don Mellone, e la sua indipendenza dall'insistenza e dall'enfasi con la quale la si stava raccontando.Questa volta capita l'inverso: facendo fede al mio aiutante robot, e a qualche verifica diretta, devo constatare la debole emozione, dentro quella medesima Chiesa digitale, suscitata dalla notizia che 15 migranti musulmani hanno gettato in mare 12 migranti cristiani, durante la traversata del Canale di Sicilia, a motivo delle rispettive fedi. Aggiungo che la "risposta" degli utenti sui siti delle grandi testate generaliste (e dunque, presumibilmente, di una Rete più orientata in senso laico) è stata decisamente rilevante.Non ho motivo di attribuire la responsabilità di questo modesto interesse alle fonti: a cominciare proprio da "Avvenire", tutte le testate che seguo, specializzate o comunque particolarmente attente ai temi religiosi, hanno dato la notizia con l'enfasi che meritava, quasi sempre riprendendola con commenti e interviste autorevoli. Per non dire che a nome della Chiesa italiana ha preso la parola con fermezza il segretario della Cei, monsignor Galantino ( http://tinyurl.com/myrgr4d ). Così mi resta un certo stupore. È vero che di violenze perpetrate in nome della fede leggiamo ogni giorno, e che anzi questo argomento recentemente è divenuto, purtroppo, il principale tra le notizie religiose. Tuttavia, mi aspettavo che questa particolare violenza, avvenuta tra chi era «sulla stessa barca», toccasse nel profondo la sensibilità dei credenti che frequentano la Rete. E ancora spero che così sia accaduto, e che il mio robot si sia sbagliato.
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