«Assassino». «Chi lo dice sa di esserlo». Manca solo «chi fa la spia non è figlio di Maria» e in effetti una Maria a disposizione ci sarebbe, di cognome fa Zacharova e di mestiere è portavoce del Ministero degli Esteri russo. Solo uno scambio tra bulletti? La prova del rincitrullimento senile di Biden, come affermano i fan inconsolabili di Trump? Un'abile mossa da consumato scacchista? I giornali italiani esplorano innumerevoli piste, troppe per questo spazio esiguo. La sintesi è estrema e ingenerosa. Cominciamo.
Sul “Corriere” apre le danze Giuseppe Sarcina: «È la fine di una stagione. Non ci saranno più le ambiguità dell'era trumpiana». Scuote il capo Sergio Romano: quella di Biden è una «malaugurata parola» figlia di una «diplomazia invecchiata». Non molto diverso Angelo Allegri sul “Giornale”: Biden «si inserisce in una consolidata tradizione di politici cowboy», ma anche Putin, attenzione, è «un vero bullo». Più pensosa è Catherine Belton, per 15 anni corrispondente da Mosca, intervistata dallo stesso Allegri: Putin «sembra molto stanco» e «alla fine conterà il tenore di vita della gente, che è sempre più basso». Drastico pure Tommaso Di Francesco sul “Manifesto”: «Strategia vendicativo-muscolare». Drasticissimo Giovanni Sallusti su “Libero”: «Lo zio Joe ha scavalcato a destra quell'orco di Donald. L'idolo dei progressisti è un John Wayne fuori controllo. Non rischiassimo di saltare per aria, ci sarebbe da sedersi e godersi lo spettacolo».
Ma se non fosse così semplice? Per Anna Zafesova (“Stampa”) «l'attacco frontale della Casa Bianca rischia di alzare il livello di repressione (...), una repressione che, paradossalmente potrebbe avvicinare la fine di un regime che non dispone di molte risorse, né economiche né politiche»: un segnale per la nomenclatura putiniana, per la quale il gran capo da soluzione diventerebbe problema. Sarà guerra? Sì, conferma Massimo Gaggi sul “Corriere”, non nucleare ma elettronica, per una «vulnerabilità che ci riguarda tutti». La partita è in corso.
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