venerdì 29 gennaio 2016
Ecco una "banale" notizia di agenzia che dovrebbe darci da pensare, e che ben pochi giornali hanno ripreso o le hanno dato lo spazio che dovrebbe meritare, soffocati come sono dal chiacchiericcio della cronaca più ovvia: «Più di 25 mila bambini nella Corea del Nord stanno letteralmente morendo di fame, a causa di una severa siccità che ha tagliato la produzione alimentare del 20%. L'Unicef cerca di raccogliere 18 milioni di dollari in donazioni per dare assistenza e combattere la malnutrizione, piaga che negli anni Novanta causò la morte di circa 3,5 milioni di nord-coreani». Cose di tutti i giorni, no? Un'altra notizia ci viene stavolta dai ricchi Stati Uniti: «7.500 volontari sono stati radunati per censire i senzatetto a Los Angeles, il cui numero è in continuo aumento». Ma c'è anche che «sono ormai 300.000 le licenze concesse per il volo di droni. C'è chi sta già organizzando gare del tipo di Formula uno (…)». È questa la nostra quotidianità, e non da oggi. Il mondo in cui viviamo è quello della fantascienza realizzata, e non è un caso se nel romanzo, soprattutto in quello destinato a un pubblico di adolescenti, vanno forte, a un livello responsabile come a quello più bassamente commerciale e opportunistico, le storie di fantascienza negativa, le distopie, che danno per scontata la fine terrificante delle civiltà odierne per cantare l'epopea, in verità poco allegra, dei sopravvissuti. (In questo campo, mi pare non si sia dedicata l'attenzione che merita all'ultimo e ambiziosissimo romanzo di Luca Doninelli, Le cose semplici, Bompiani, fitto di allegorie e nascosti rimandi, ma forse troppo denso e massiccio per sollecitare una risonanza adeguata.)Con la cronaca delle agenzie, con il presente nostro e quotidiano, si è bensì costretti a tornare alla realtà, perché in modo spietatamente concreto, oggi e proprio oggi, ci sono 25 mila bambini della Corea del Nord e chissà quanti altri nel mondo che «stanno letteralmente morendo di fame». L'angoscia che ne deriva riguarda soltanto, si direbbe, chi si ostina a cercare rimedi, grandi o piccoli, ma teme o è certo che saranno sempre troppo piccoli, secondari, inutili. Le grandi associazioni servono, ma anche loro rispondono a criteri "politici" (il loro potere, la loro immagine, la loro sopravvivenza e quella dei loro adepti) o dipendono dal potere dei politici. E intanto sono migliaia i bambini che possono morire o che muoiono. E chi è sazio non sa neppure immaginare cosa voglia dir avere fame. «Muoio di fame» è per noi un modo di dire come un altro, in una società in cui di cibo si parla peraltro ossessivamente, senza vergogna, mentre c'è chi di fame sta morendo davvero.
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