Vi è un demone speciale detto del meriggio o meridiano, cioè quello spirito malvagio che si insinua nell’animo umano sul finire del mattino fino al pomeriggio inoltrato. È stato identificato, secondo la tradizione, nell’accidia, ossia in quell’assenza di passione per la vita, di mancanza di significato nella vita spirituale. Questa è d’altro canto come lo sport: poco prima della metà della gara – qualunque essa sia – lo sportivo accusa la difficoltà, sente la paura di non poter raggiungere l’obiettivo, percepisce maggiormente la stanchezza. Insomma, non sa se abbandonare oppure continuare. Ora, ecco, l’esistenza interiore si dipana allo stesso modo: «nel mezzo del cammin di nostra vita», il cristiano inizia a porsi tante domande, troppe, sul senso di quella ricerca interiore. Anzi ,non sa nemmeno più perché ha vissuto sino a quel momento.
Molti dei contemporanei decidono quindi di cambiare stato di vita, se ne inventano un’altra, talvolta giustificata talaltra meno. Si ha paura di non poter perseverare fino alla fine, si ha paura di non avere forze a sufficienza. Ecco, il nostro confinamento da coronavirus subisce in qualche maniera la stessa sorte. Durante la giornata si passa quel momento di sconforto, fatto di paura, angoscia e panico, si attraversa quell’istante più o meno lungo in cui ci si pongono due domande : ce la faremo a uscirne vivi? E quanto durerà ancora? Se ci soffermiamo su questi interrogativi, lo sconforto si impossessa dapprima dell’immaginazione, poi dell’intelligenza e infine anche del corpo, con somatizzazioni varie. Ecco ,quelle due semplici domande, che non sono poi veramente tali, ci mettono al tappeto o, almeno, rischiano di farci vacillare. In questo periodo, si tratta proprio del demone meridiano che sopravviene a disturbare, a metterci in crisi, a condurci fin quasi sul bordo del precipizio della disperazione. Il quesito rimane sempre quello: ma quando finirà? Il demone del meriggio, dall’antichità in poi, è stato sempre vinto con la pazienza e anche un po’ di prudenza. In questa nostra situazione comune, è la pazienza che ci aiuterà a vincere, a debellare il virus, a proteggerci e a riprendere una vita sempre più normale.
Quel demone tortura per alcune ore, poi quasi d’improvviso se ne va, per tornare magari alcuni giorni dopo, nel momento in cui meno lo si l’aspetti, quando sembra che tutto sia più calmo. Le paure più recondite ritornano in superficie e di nuovo quel demone viene a deteriorare il capitale di serenità accumulato. La pazienza è autentica quando si ricostruisce ad ogni momento. È una virtù dell’eterno inizio. Ma non ci lasceremo sconfiggere: la nostra pazienza è e deve essere a prova di demone del meriggio, a prova di virus, la nostra pazienza deve essere la stessa di Giobbe che ha subite un numero spropositato di prove. A questo personaggio biblico dovremmo ispirarci, alla sua pazienza, alla speranza di un futuro ancora migliore del passato trascorso nella preoccupazione.
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