Seguo sin dall'avvio – per merito di un articolo di Alessandro Zaccuri su "Avvenire" ( bit.ly/2yNsJDs ) e di un messaggio di Luca Rolandi, che ne è cofondatore – il progetto editoriale #ParoleBuone. «Un servizio di umanizzazione verbale e non verbale», rivolto a «sostenere, accompagnare e condividere la costruzione di anticorpi» che ci sottraggano «alla comunicazione pervasiva sul virus e sulle sue conseguenze». In poche parole: «pillole di resilienza» al Coronavirus. Le somministrano settimanalmente lo psichiatra e psicoterapeuta Sergio Astori e il suo gruppo di lavoro, attraverso il sito omonimo, la pagina Facebook e l'account Instagram. Pillole di parole che fanno bene, da assumere nella forma di testi scritti, audio, foto, video. La prima è stata «Scienza». Poi sono venute «Saggezza», «Armonia», «Lode», «Appuntamento» e, per la settimana corrente, «Condivisione» ( bit.ly/2zEs5bM ). È in quest'ultima parola buona che l'ispirazione cristiana, non dichiarata ma intuibile, di questo progetto fa capolino.
In questo tempo in cui «numerose persone provano ciò che altri hanno sofferto per una vita: l'isolamento, la solitudine, l'incertezza, l'instabilità lavorativa, gli esiti di un'ansia cronica e dell'immobilità del corpo» il professor Astori cita due testimoni di gesti di condivisione. Una è la signora Albi, che racconta in Rete di una «gara di cucina che è stata disputata come attività di cura in una residenza terapeutica» e che ha trasformato «un campo di guerra (interiore) in un campo giochi», rivelando la formula di una «medicina straordinaria: la condivisione gioiosa!». L'altro è padre Renato Kizito Sesana, figura notissima alle cronache missionarie ( bit.ly/2VKd5S7 ): Astori lo rivede in Africa occidentale, 25 anni fa, estrarre dalla giacca un mango e prepararne succosi bocconi per i confratelli, minacciati da vicino dagli scontri tra «polizia» e «ribelli». Ecco il «profumo maturo», conclude, che «si sprigiona» quando mettiamo in comune «ciò che è davvero prezioso per noi».
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