Come sappiamo, a ognuno di noi il profilo Facebook restituisce un diario che non si limita a tenere conto degli amici digitali ai cui contenuti ci mostriamo più attenti. Scorriamo con il dito il display dello smartphone ed ecco affollarsi, con un disordine a volte inquietante, i nostri interessi del momento ma anche di quelli di lunga durata, così come le pagine sulle quali ci soffermiamo più spesso accanto a quelle, "sponsorizzate", che gli algoritmi, a torto o a ragione, ritengono potrebbero interessarci (ho già scherzato altre volte sulle pubblicità che ricevo di arredi sacri e di abbigliamento per preti, ai quali evidentemente il mio modo di stare sui social network rinvia).
Da tanto disordine mi è saltato all'occhio l'ultimo post di Stefano Maneschi ( bit.ly/3FTBCJp ), amico digitale con il quale, a essere sincero, non ho avuto sinora familiarità. Di lui tanto il profilo Facebook quanto il resto della Rete raccontano solo che vive a La Spezia; che a Pisa ha studiato Economia del turismo, una delle sue «principali passioni», e che ha 37 anni; che abbiamo più di 300 amici in comune e che ama leggere libri. In più si intuiscono una ben formata coscienza civile e una spiritualità coltivata. Di tutto ciò si ha conferma scorrendo il suo diario, fitto di «brani scelti» da autori di prima grandezza non per strappare qualche like in più ma per il puro gusto, si direbbe, di condividerli.
Appartiene a questa sezione anche il post che mi ha attratto: si tratta della celeberrima pagina dei "Promessi sposi" in cui Manzoni descrive la madre di Cecilia mentre consegna ai monatti la figlia uccisa dalla peste. Con una bella premessa, in cui l'autore dice della commozione non trattenuta dell'insegnante di lettere, quando lesse in classe quella pagina, e di ciò che da quella commozione ha imparato sulla «forza misteriosa» nascosta nella «bellezza di un testo». Anche se ci arriva come un post sullo smartphone.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: