«È diverso contemplare la cima dei monti stando in pianura e guardare la pianura dalla cima dei monti. È diverso contemplare le opere di Dio dal basso, con gli occhi dell'uomo, e vedere le opere dell'uomo dall'alto, con gli occhi di Dio. La montagna, infatti, dilatando gli orizzonti, rende più profondo il respiro, ridimensiona le vicende quotidiane e la storia del mondo».
In queste parole di padre Bartolomeo Sorge, in un libro a più voci invitate a esprimersi sul tema della montagna, noi vediamo l'essenza dell'ascesi: che certo è quella estatica dei grandi mistici, o dei monaci, tibetani o cristiani, o di asceti divorati dalla sete di solitudine e assoluto. Ma è principalmente un atteggiamento spirituale, che può manifestarsi nell'esperienza della vita quotidiana. Il teologo Bartolomeo Sorge non sta qui riferendosi all'ascesi del religioso che sale cercando in quelle altezze una nuova sede, e nemmeno all'alpinista divorato dal desiderio di raggiungere la vetta: né l'ascesi mistica assoluta né quella che mette il corpo al servizio della scalata, e la vita a rischio. No, parla di una gita in montagna, cammino, passeggiata, arrampicata, e subito il mondo appare ridimensionato rispetto all'infinito. E nello stesso istante più amato. Guardare da lassù affratella, avvicina.
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