La compagnia del cigno è tornata (la domenica sera su Rai 1) con il suo inno all'amicizia e alla musica classica. Fin qui tutto più che bene. Soprattutto il binomio giovani e musica classica non era facile da proporre con successo in una fiction. Ricordiamo che La compagnia del cigno narra la storia di sette ragazzi di diversa estrazione sociale, ognuno con una propria ferita familiare o fisica, che frequentano il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano guidati dall'inflessibile maestro Luca Marioni (Alessio Boni), anche lui con le sue ferite: la morte della piccolissima figlia in un incidente stradale e la difficoltà di ristabilire, dopo la tragedia, un rapporto stabile con la moglie ed ex collega Irene (Anna Valle). In questa seconda stagione ritroviamo i sette giovani musicisti sul punto di varcare la soglia del mondo accademico. A complicare le cose, l'arrivo di un nuovo maestro, Teoman Kayà, ex allievo dello stesso Conservatorio, vecchio amico di Marioni e di sua moglie Irene, ora direttore d'orchestra di fama mondiale. Intanto Marioni, soprannominato “il bastardo” nella prima stagione, sembra esserlo un po' meno in questa. Tra l'altro è diventato nuovamente padre e poi ha qualcos'altro a cui pensare, oltre ai propri allievi: deve risolvere il suo rapporto con Kayà ed esorcizzare quello che è successo venticinque anni prima. Questo è anche l'elemento che aggiunge pathos alla vicenda. E ci può stare in una seconda stagione che ha bisogno di qualcosa di nuovo da aggiungere alla storia. Diciamo, invece, che a lasciare perplessi sono le questioni affettive e sentimentali dei ragazzi, ma soprattutto le loro famiglie più o meno sfasciate. Tra mamme single, separate, riaccompagnate o con problemi con il marito, l'unica famiglia solida sembra quella di fatto di Daniele, lo zio gay di Matteo, uno dei sette ragazzi, che ha perso la madre nel terremoto di Amatrice. Daniele non solo ha accolto il nipote come un figlio, ma sostiene il compagno con il quale convive nella richiesta di diventare genitore affidatario di un proprio figlio.
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