Non mi è capitato spesso, da che tengo d'occhio l'informazione religiosa che viene scambiata sul web italofono, di trovare notizie sul Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec, se si compila la sigla sulle iniziali italiane; Wcc se si utilizza l'inglese, che è la sua lingua principale). In Italia il movimento ecumenico, per comprensibili ragioni storiche, non ha ancora raggiunto la sensibilità comune del popolo di Dio; quella di pregare e operare per il ristabilimento dell'unità dei cristiani è piuttosto un'istanza avvertita da convinte ma piccole minoranze. A maggior ragione dunque è poco conosciuto e meno ancora raccontato l'organismo che, a livello internazionale, rappresenta per tale movimento il riferimento più importante e che, con un'espressione che ne dice tanto i pregi quanto i limiti, è talvolta descritto come "l'Onu delle Chiese".
Ecco invece che ben tre fonti, piuttosto diverse tra loro per il profilo del rispettivo editore e per la linea editoriale, nonché per la modalità di presenza nell'ambiente digitale, hanno dato notizia del significativo evento che ha aperto le celebrazioni per i settant'anni del Cec (nato nel 1948): la visita del suo segretario generale, il pastore Olav Fykse Tveit, in Cina e la sua predicazione nella storica Chongwenmen Church di Pechino. Ne hanno infatti riferito sia L'Osservatore Romano (tinyurl.com/y7kc4mrb), sia Vatican Insider (tinyurl.com/y8o2fqxs) e sia Adista (tinyurl.com/y94ml9u8).
Sottolineo la circostanza per il fatto che, avendo lavorato a lungo, in passato, sui documenti e sulle iniziative del Consiglio ecumenico delle Chiese, ho imparato anche a conoscere quella minoranza di cristiani italiani sensibili all'istanza ecumenica, ad apprezzarne la spiritualità e a condividerne le speranze. La partecipazione del popolo di Dio che è in Italia al cammino verso la riunificazione dei cristiani non passerà certo dalla maggiore o minore "notiziabilità" del Cec, ma certo non sarà inutile, a quel fine, sapere un po' meglio cosa è e cosa fa.
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