Ci sono vicende nella storia degli ebrei della diaspora che sembrano romanzi d'avventura. Quelle che toccano la scoperta di mondi nascosti o di popoli perduti ci ricordano l'Atlantide di Platone o forse i romanzi d'avventura di Rider Haggard. Nel 1644 un marrano portoghese, Antonio Montezinos, da ebreo Aaron Levi, sbarcò ad Amsterdam raccontando una di queste avventure e il rabbino Menasseh ben Israel, un sefardita di Amsterdam, ne mise il racconto per iscritto in un suo libro La Speranza d'Israele. O forse, chissà?, la reinventò per favorire il suo progetto di richiamare in Inghilterra gli ebrei che ne erano stati scacciati da secoli. Montezinos aveva raccontato di aver trovato in Ecuador, nella provincia di Quito, le tracce delle tribù perdute d'Israele, di averne incontrato i discendenti e di aver avuto da loro l'assicurazione che presto avrebbero dato vita a una grande rivolta contro gli spagnoli tale da portare alla liberazione di tutti gli ebrei e all'avvento del messia. Così, l'antica storia delle tribù si legava a un progetto di liberazione che preludeva sì all'era messianica, ma era opera degli uomini. E il povero marrano, discendente dei convertiti a forza, recuperava nel mito la sua libertà.
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