Ancora il grande Flaiano. In Ombre bianche, «agghiaccianti favolette satiriche», lo scrittore mostra la trasformazione della società italiana in una società di massa e dello spettacolo. L'io narrante di molti racconti osserva con stupore le stranezze che sono invece la normalità, le consuetudini di una vita ordinaria. Non l'eccezione ma la regola: nulla di eclatante o di straordinario, solo la banale quotidianità, come quella rappresentata anche nel cinema, da Dino Risi, nei profili aforistici del film I mostri, del 1963, a Matteo Garrone, nel nuovo film Reality, con i suoi personaggi esposti alle seduzioni televisive. I "mostri" di Ombre bianche vivono accanto a noi, negli stessi luoghi, in casa nostra: quei mostri siamo «noi stessi», come Flaiano scrive in una lettera a Fellini parlando del Satyricon. Non a caso il vero "mostro" di questi racconti è il "pubblico", appunto tutti noi, un singolare collettivo, anche nella variante della "folla", che «ormai adora e applaude soltanto se stessa». Sono tanti, nelle pagine di Ombre bianche, i mostri che vivono nel mondo della cultura, scrittori, giornalisti, filosofi. Figure di modesta, comune mostruosità, proiettate verso un "nuovo" inconsistente, simboli di vuoto. Ombre, appunto, che si muovono con la sicurezza dei sonnambuli.
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