Non bisogna confondere i comunicatori con i giornalisti, e la distinzione di ruoli è ben
precisata da Ferruccio De Bortoli nella prefazione al volume Niente di più
facile, niente di più difficile, di Gianni Di Giovanni e Stefano Lucchini (Fausto Lupetti Editore, pp. 176, euro 15).
Comunicatori sono coloro che hanno interesse a diffondere notizie che riguardano
l'azienda, l'organizzazione, l'ente per cui lavorano e, genericamente, si presentano come uffici stampa e di pubbliche relazioni; i giornalisti, invece, selezionano le notizie
(anche quelle che provengono dagli uffici stampa), le verificano ed eventualmente le diffondono attraverso i media in cui operano. Se il comunicatore si identifica troppo con le necessità del giornalista, magari per ingraziarselo e, al limite, per corromperlo, siamo in piena problematicità etica; d'altra parte il giornalista può diventare servile e immedesimarsi troppo con le esigenze del comunicatore anziché del medium e degli utenti a cui il medium è rivolto.
Un caso emblematico e curioso è raccontato da Patrizia Vallecchi, di Telecom Italia, in una delle dieci testimonianze che corredano il volume.
Quando, tra il '97 e il '98, Vallecchi lavorava per Tim, dovette organizzare il
lancio del servizio Tim Carta Prepagata,
e si pensò di regalare un telefonino e una scheda prepagata da 50 mila lire (circa 25 euro) a tutti i giornalisti intervenuti nella conferenza stampa, per dar modo ai colleghi di provare in anteprima il nuovo prodotto. Alcuni giornalisti si indignarono, restituirono
il telefonino e la scheda paventando
un tentativo di corruzione, e ci volle
del bello e del buono per convincere
della buonafede di Tim, con telefonate
notturne ai direttori dei giornali.
Lucchini e Di Giovanni, non ancora
cinquantenni, hanno un brillante
curriculum professionale anche come
docenti, e attualmente entrambi
lavorano all'Eni. Il libro si rivolge agli
studenti, agli operatori del settore, e,
per chiarezza espositiva, anche al
grande pubblico, sempre interessato
a capire i meccanismi della comunicazione,
per una ricezione critica del
media.
Premesso che il punto cardine della
comunicazione è «un atteggiamento
etico improntato su verità e trasparenza
», il problema è come trasformare
i fatti in notizie, dato che, come
dicono gli anglosassoni, «news is
what newspapermen make it, la notizia
è ciò che i giornalisti rendono tale
».
Per operare questa metamorfosi occorre
esaminare i fatti sotto il profilo
della rilevanza, della novità, dell'originalità;
vagliarne il mistero e l'incertezza
degli esiti, la drammaticità, l'utilità,
la vicinanza con i fruitori, la dimensione,
la comunicabilità, la conflittualità,
la contrapposizione, l'interesse
umano, l'idea di progresso, il
prestigio dei protagonisti, gli interessi
diffusi nel grande pubblico, la tematizzazione
degli episodi. Criteri e caratteristiche
che gli autori analizzano
e illustrano con opportune esemplificazioni.
Il libro spiega anche come si organizza
un ufficio stampa, come si redige
un comunicato (fra l'altro, «riduzione
al minimo dei sostantivi che finiscono
in -zione, degli avverbi in -mente,
dei suffissi in -ismo, che suonano irritanti
e noiosi...»), come si organizza
un evento, e tanto altro ancora.
Il tutto, nello scenario in trasformazione
della comunicazione, ormai
dominata dal web nelle sue forme allotropiche:
Internet, Youtube, Blog,
Twitter eccetera. Nella Prefazione,
Moisés Naím, direttore di Foreign Policy,
assicura che il manuale di Lucchini
e Di Giovanni «diventerà un riferimento
indispensabile per ogni azienda
che vuole gestire la sua comunicazione
più efficacemente o per ogni
specialista di comunicazione aziendale
ansioso di imparare come si
gioca nella serie A della comunicazione
». E il lettore comune impara e si
diverte con i retroscena.
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