Ieri ("Manifesto", p. 5): "Ratzinger arriva alla Sapienza"! 150 righe. Eleonora Martini si indigna per conto di "docenti e studenti" perché nel 705° anniversario della fondazione "il Papa varcherà la soglia di un ateneo italiano, La Sapienza, il più grande d'Europa", e strilla: ma come? Il nemico di cultura e modernità "nel tempio della conoscenza"? E giù botte a chi ci sarà, come Veltroni e Mussi. Alla testa dei protestatari - scrive - c'è "Francesco della Rpa(sic) che sta preparando le manifestazioni." "Rpa"? Una sigla o un prode cui è saltata una vocale? La "a" sarebbe perfetta e l'ortaggio varrebbe per chi firma, per chi pubblica e per tanti che protestano "a difesa della Minerva". Davvero infatti alla Sapienza un Papa è estraneo? E' il suo 705° anno accademico: il 20 aprile del 1203 la inaugurò il fondatore, Benedetto Caetani. "Benedetto"? Toh! Stesso nome. E allora si chiamava anche Bonifacio VIII. Toh! Stesso "mestiere"(che viene da "ministerium"). Coincidenza maligne! Ma al "Manifesto" non lo sanno o tacciono. Goffaggine, incultura e forse silenzi omertosi slittano sui fatti e sono drammatici per chi li esibisce, comici per tutti gli altri. Fa ridere un po', ieri, anche l'ex "jena" del "Manifesto", Barenghi: su "La Stampa" ha cambiato marxianamente "struttura", ma mantiene "sovrastruttura" e quindi si indigna perché "Veltroni, Turco e altri del Pd "dialogano con i cattolici, pensatori, politici, vescovi e soprattutto elettori". Già: la "jena" va da sola, il suo 1 o 2% fa perdere le elezioni, ma basta per scrivere sul quotidiano del "capitale". Ma se uno pensa di vincerle?
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