Chissà se Corrado Augias conosce bene il significato di "assurdo". Mercoledì, su Repubblica, ha scritto che «già nel II secolo l'apologeta Tertulliano riassumeva nello slogan Credo quia absurdum i punti di attrito tra scienza e religione». Tempo fa la medesima sciocchezza l'aveva scritta Bruno Gravagnuolo sull'Unità, attribuendo però questa frase a Sant'Agostino. Come è noto nessun apologeta cristiano l'ha mai scritta e del resto basta sapere il significato di «assurdo» (falso, contrario alla logica e alla ragione) per rendersi conto non solo che nessuno potrebbe giustificare la propria fede con un argomento falso, illogico e irrazionale, ma anche che nessun altro "laico" si servirebbe seriamente di un argomento polemico così palesemente artificioso e fasullo. Dopodiché è lecito pensare anche che soltanto Augias avrebbe potuto aggiungere, senza rispetto per i credenti, la seguente argomentazione: «Nessuno potrà mai dimostrare che i dogmi delle religioni sono inverosimili, perché è proprio l'inverosimiglianza il loro connotato essenziale e lì risiede la loro attrattiva». Sempre Augias, venerdì 29 affermava che «laicità e razionalità impongono» di giudicare «un caso a sé di patologia forse mentale» quello della donna che – riferiva un lettore – aveva abortito «tranquillamente sette volte». Purtroppo basta dare un'occhiata alle tabelle delle relazioni annuali al Parlamento per constatare quanto normali siano gli aborti legali ripetuti «cinque o più volte»: per esempio, 1.293 nel 2009 secondo la relazione del 2012 e 1.461 nel 2006; e rispettivamente 1.852 e 2.187 quelli ripetuti quattro volte. Tutti casi patologici? Sempre nella settimana scorsa e a proposito della "ideologia dei medici" (obiettori), Augias scriveva questo assurdo pensierino: «Come fu per la legge sulla procreazione assistita, ciò che si voleva era confermare il monopolio su concepimenti e nascite». La migliore trovata era della settimana precedente: «Il tabù sull'omosessualità è influenzato dalla componente religiosa sorta, secondo una verosimile ipotesi, quando il genere umano aveva bisogno di riempire ampi spazi riproducendosi alla svelta». Che sia lui l'autore del «ci credo perché è assurdo»?
LO SCIMMIOLOGO
Per il noto zoologo ed etologo inglese, Desmond Morris, «gli esseri umani sono scimmie in posizione eretta, non sono angeli caduti. Siamo animali. Animali straordinari, ma pur sempre animali. Procreiamo e quindi ci evolviamo». È questa la premessa a un articolo che appare su Repubblica (domenica 24). Non è una grande scoperta per un evoluzionista, ma non si comprende perché, per dimostrarla, occorra insistere tanto sul nostro essere animali. Più precisamente, siamo «un nuovo tipo di Scimmia Antropomorfa Urbana», cioè una scimmia che vive prevalentemente in città, la cui principale attività sembra essere il riprodursi e il morire e che di uomo ha solo la forma. Insomma: noi saremmo i modelli di noi stessi, in quanto fatti come sono fatti gli uomini. Perché insistere sugli animali? L'impressione è che serva soprattutto a escludere deliberatamente che l'uomo abbia in sé qualche cosa di umano, cioè di metafisico. E allora perché Repubblica presenta Morris come un "grande antropologo" e non come uno "scimmiologo"?
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