Dio non sta mai alle spalle. Non appartiene al passato, custodito nei ricordi. È un Dio vivo, più vivo di noi: sta al presente e ci chiama dal futuro.
Non l'ho mai incontrato, anche se lo conoscevo di fama e attraverso la testimonianza appassionata di alcuni miei e suoi amici veneziani. Parlo di don Germano Pattaro, sacerdote di Venezia, teologo ed entusiasta (ma anche rigoroso) animatore del dialogo ecumenico. Mi affido alle sue parole riaffacciandomi per il quindicesimo anno nel riquadro del "Mattutino". Devo dire, usando san Paolo, che lo faccio «con timore e tremore», un po' sospinto dalla mano decisa del direttore e amico Dino Boffo e da molti che forse presagivano il mio desiderio di ritornare nella comune platea dei lettori. Mi copro, allora, con la frase di don Germano che ci ricorda, comunque, una verità cristiana importante e valida per tutti.
Il mondo greco classico aveva il suo emblema in Ulisse il cui programma di vita era nel ritorno al passato, nel nóstos, il viaggio della nostalgia nell'orizzonte che ci sta alle spalle. Il simbolo del mondo biblico è, invece, Abramo che «parte senza sapere dove sarebbe andato» (Ebrei 13, 8), è il Messia che si attende oltre il presente aspro e amaro, è nell'invocazione finale dell'Apocalisse: «Vieni, Signore Gesù!». Coi piedi ben piantati nel presente, noi stiamo, dunque, col capo eretto a spiare il futuro di Dio, procediamo con le vesti cinte e la lampada accesa. È un po' questo a cui sono chiamato io ancora una volta, nonostante il desiderio di ritornare indietro. Ma è a questo che anche voi tutti, aprendo il nuovo anno, siete con forza invitati: rimanere sempre con un Dio vivo che sta nel presente ma ci chiama e ci conduce nel futuro.
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