mercoledì 19 settembre 2018
Per l'essere umano è ancora oggi una operazione impossibile tenere la contabilità dei corpi celesti che corrispondono al nome di "stella". Non avrebbe potuto farlo Abramo, al quale per altro Dio aveva già fatto presente questa impossibilità (Gen 15,4), e neppure noi siamo in una simile possibilità. L'unico a essere in grado di poterlo fare è Dio. Quando la Bibbia ci dà notizia di questa facoltà divina si esprime in simile maniera: «Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome» (Sal 147,7). Al creatore non viene solo riconosciuta la prerogativa di calcolare i luminosi corpi celesti, ma anche quella di attribuire loro un nome. Secondo la mentalità biblica conferire il nome è un atto di sovranità, una presa di possesso. Non vi è stella che non sia proprietà personale di Dio. Allo stesso tempo, però, chiamare per nome è il gesto fondamentale di ogni vocazione. Non c' è nessuna stella che non abbia una vocazione. A noi, che tanto facilmente le confondiamo, fatta eccezione per le costellazioni maggiori, paiono uguali e anonime. Non è così agli occhi di Dio. Il suo è uno sguardo d'amore per ciascuna stella ed egli ha pronta una missione per ognuna di loro. Non è poco come pensiero che viene da un mondo idolatrico in cui le stelle non avevano altri proprietari che sé stesse, e nessun'altra missione se non quella di dominare capricciosamente i destini umani.
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