Prendo in prestito dai social una battuta del collega Andrea Cuomo, che osserva quanto a Sanremo come a Vinitaly non siano la musica e il vino a prender la scena, ma la politica col suo chiacchiericcio. E trovandomi a Verona mi accorgo che è proprio così, almeno a leggere i giornali al netto degli inserti pubblicitari che prima dell’evento si sono sforzati di parlare di vino, sperando di rimpolparsi di pubblicità. Ma già sui giornali di ieri c’era tutt’altro che vino, piuttosto un’edizione del Governo con il bicchiere in mano, coi suoi protagonisti fra i padiglioni di Vinitaly. Su quanti ministri ci fossero nei primi due giorni della fiera, compresa la premier Meloni che lunedì è stata ben otto ore, ho perso il conto: certo il vino fa sempre più tendenza se la politica si associa volentieri con un prodotto del Made in Italy, nome che ha ispirato alla nostra premier la proposta di un Liceo dedicato al tema. Bisogna spulciare le cronache locali per leggere che i produttori di vino sono preoccupati per la polarizzazione dei consumi: o vini di fascia alta o vini a basso costo, giacché in mezzo c’è un ceto medio che ha sempre meno capacità di spesa. E qui si apre lo scenario, partendo dalla cifra del vino, di dove stia andando il Paese. Un’Italia che invecchia, con un tasso di natalità sempre più basso che ha fatto riflettere il presidente di Piazza dei Mestieri, Dario Odifreddi, su un welfare in scacco, se pensiamo che in dieci anni sono triplicati i lavoratori sopra i 60 anni, mentre tanti giovani scelgono di lavorare all’estero. E facendo un’indagine fra i ragazzi della Piazza, Odifreddi ha rilevato che si sentono sempre più estranei al mondo in cui vivono. Ho pensato subito ai giovani incontrati a Vinitaly in questi giorni: chi responsabile della cantina di famiglia, chi alla start up. Tutti obbligati a pensare a un futuro, dove non li appassiona farsi il selfie con il ministro, ma nemmeno leggere sui giornali i retropensieri sulle dichiarazioni della politica, per cui ora sembra che la carne sintetica sia di Sinistra e quella di bovino di Destra. Tutto frutto di uno sguardo evasivo rispetto al reale che conduce solo al ridicolo, come lo sono le ideologie che cercano di modificare la realtà. Vinitaly è interessante perché le nuove generazioni mostrano un approccio al lavoro basato sui fatti e sulle relazioni. Dunque relazionarsi ai giovani, ascoltarli, sarebbe un toccasana per una classe politica che non avrebbe il problema di annunciare fantasie, ma fatti concreti da mettere in atto. Si chiama sussidiarietà.
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